Un incidente stradale nel 1988 (investito da un’auto mentre stava andando all’allenamento in motorino) quand’era nel fiore della vita, considerato da tutti una giovane promessa dell’atletica e della PAF Alitrans, la squadra del campione olimpico Gelindo Bordin. Quattordici mesi avanti e indietro dall’ospedale e una vita completamente stravolta a soli 18 anni. Anche se il fato, trentuno anni fa, è stato impietoso nei suoi confronti, Andrea Conti non ha rinunciato al suo sorriso, né tanto meno a ritornare a praticare sport ad alti livelli fino a raggiungere per tre volte la vetta più alta dell’handbike italiano.
Il campione di Cerro Veronese, infatti, nell’ottobre scorso ha conquistato sul traguardo di Assisi (Conti è un francescano convinto) la sua terza maglia rosa dopo quelle ottenute nel 2015 e nel 2016, portando ulteriore lustro in Lessinia e nel piccolo comune di residenza dove già una maglia rosa, quella di Damiano Cunego nel 2004, aveva trovato dimora.
Una storia sportiva e umana importante quella di Andrea, ricordata ieri sera nella Sala dei Cesari, a Grezzana, in occasione del Premio Pantheon a lui consegnato. Assieme a lui la sorella Loredana e Pier Giorgio Giambenini, patron dell’azienda omonima che nel 2004 vide Andrea e un gruppo di amici allenarsi a Pescantina e da allora ne ha sposato la causa creando e sostenendo la GSC Giambenini, squadra con cui Conti gareggia.
Oltre allo sport c’è anche la testimonianza preziosa nelle scuole e la partecipazione al progetto Verona Strada Sicura, per sensibilizzare alla sicurezza stradale, in particolare i giovani, in tutta la provincia di Verona.
La motivazione contenuta nel Premio assegnato a Villa Arvedi recita così: «Ad Andrea Conti, per gli straordinari successi ottenuti a livello nazionale con la sua handbike e per l’encomiabile esempio di resilienza raggiunta per mezzo dei valori più alti dello sport».