Storie di persone | 04 marzo 2021, 18:08

Candida, volto del Bazar Solidale di via San Nazaro di Fondazione Fevoss

Candida, volto del Bazar Solidale di via San Nazaro di Fondazione Fevoss

In vista dell'8 Marzo, Giornata internazionale della donna, la Fondazione Fevoss Santa Toscana lancia la campagna #SolidaleConLeDonne: una settimana di sensibilizzazione, attraverso i suoi due Bazar Solidali, per combattere contro la disparità di genere, la discriminazione, l'esclusione, la violenza sulle donne. 

Con l'occasione sono state realizzate tre interviste per far conoscere alcuni degli oltre 40 volti femminili - volontarie e collaboratrici - che collaborano con la Fondazione, facendosi interpreti, attraverso il progetto Bazar Solidale, della sua missione in favore delle persone in difficoltà. 

Candida, cominciamo dall’inizio, dal momento in cui ha deciso di lasciare quello che allora era suo marito…

«Mi sono sposata giovane, a 24 anni, dopo un’infanzia con un padre-padrone che picchiava me e mia madre. A un certo punto, nel mio matrimonio, ho ritrovato le stesse dinamiche: mio marito usava violenza, psicologica e verbale, su di me e sulla bambina. Per quasi vent’anni ho sopportato, cosciente di essere dipendente da lui economicamente perché non lavoravo. Ma a un certo punto non ce l’ho fatta più: ha prevalso il rispetto per me e per i miei figli. Ho preso coraggio e mi sono rivolta al Centro antiviolenza Petra».

«L’ho promesso a me stessa quando mi sono separata e piano piano questa promessa la sto mantenendo: non sarò mai più dipendente da un uomo». Candida, bolognese di nascita e veronese d’adozione, ha 46 anni e tre figli, la più piccola con disabilità. Da tre anni è divorziata, da cinque mesi lavora come commessa al Bazar Solidale della Fondazione Fevoss Santa Toscana, in via San Nazaro a Verona. Una realtà a cui è approdata attraverso il Ria – Reddito per l’inclusione attiva, misura a sostegno di persone, in carico ai Servizi Sociali del Comune di Verona, che si trovano in situazione di difficoltà economica. E una realtà che lei definisce, con il sorriso, «la mia ancora di salvezza».

Con il loro aiuto, è riuscita a ritrovare speranza nel futuro?

«Affatto. I momenti di sconforto sono stati tanti. Nel 2017 attraverso i Servizi Sociali del Comune sono stata inserita nel progetto Ria, reddito per l’inclusione attiva, e ho svolto uno stage come commessa in un negozio. Ma non arrivavo alla fine del mese. Ho dovuto rivolgermi alla San Vincenzo per dare da mangiare ai ragazzi» prosegue. 

«Poco dopo ho avuto anche un grave problema di salute, per cui ho rischiato di perdere un occhio. Ma non sono abituata a piangermi addosso, mi sono sempre rimboccata le maniche. Così dopo l’operazione ho avuto un’altra occasione, lavorando in negozio. E infine, sempre nell’ambito del progetto Ria, l’assistente sociale mi ha proposto di collaborare con il Bazar Solidale per 15 ore a settimana. Ho subito detto sì e ora, dopo lo stop dovuto all’emergenza Covid, finalmente da un po’ di mesi abbiamo una certa continuità» continua.

Che cosa le ha dato e le dà la realtà del Bazar Solidale? 

«Non è solo un modo per guadagnare, ma soprattutto un’occasione per non pensare ai miei problemi, per stare a contatto con la gente. Grazie al Bazar sono entrata in una “rete” solidale che mi ha aiutato anche quando a dicembre, non riuscendo a pagare le bollette, sono rimasta senza gas» prosegue. «Non so come avrei fatto senza di loro. Le ore di lavoro che svolgo nell’ambito del progetto Ria sono poche, ma forse in futuro ci sarà possibilità di crescere. Intanto non mi abbatto e penso a come arrotondare: grazie anche al passaparola al Bazar, mi sto proponendo come stiratrice nel quartiere».

Qual è la qualità che l’ha aiutata di più come donna?

«Il mio essere indipendente. Sono sempre stata uno spirito libero, non accetto imposizioni, non le accettavo nemmeno da mio marito. Voleva che fossi a immagine e somiglianza di sua madre, quando era piccolo in casa faceva tutto lei. Invece io tratto i miei figli maschi come la femmina: insegno loro a cucinare, a stirare, ad arrangiarsi. Più che spiegare a parole cos’è il rispetto per la donna, glielo mostro ogni giorno, come dovrebbero fare anche i papà. Ma finché sui media imperversano gli spot che sviliscono la nostra immagine, raggiungere la parità resterà un’impresa titanica».

Il lavoro, dunque, è stato la sua occasione di riscatto. Per la sua vita privata, invece, oggi cosa si augura? 

«Da qualche mese ho un nuovo compagno: ci vogliamo bene, lui rispetta me e i miei figli, mi ha sempre aiutato quando ho avuto bisogno. Ma per ora ognuno continua a vivere a casa propria: adesso che sto riuscendo a farcela da sola, ho capito che la mia indipendenza è troppo preziosa e non sono disposta a rinunciarvi».