Storie di persone | 12 maggio 2022, 10:24

Due cuori e un rifugio (a 2230 metri di quota)

Due cuori e un rifugio (a 2230 metri di quota)

Non arrivano ai 45 anni in due, ma nonostante la giovane età sanno già cosa vogliono dalla loro vita. Miriam Roso e Andrea Laghetto, vicentini con la passione per la montagna e la natura, hanno infatti firmato, il 23 marzo scorso, il contratto triennale per la gestione del Rifugio Fraccaroli, di proprietà del Cai Cesare Battisti Verona e punto di riferimento per molti veronesi amanti della Lessinia. La coppia, che subentra alla storica famiglia Baschera, è pronta a rimboccarsi le maniche, non c’è dubbio, per l’apertura della stagione (ormai prossima). Nelle loro voci e nei loro visi abbiamo letto l’emozione, il timore e il desiderio di fare finalmente qualcosa che era scritto nel loro destino: serviva solo aspettare il momento giusto.

Perchè avete deciso di prendere in gestione il rifugio Fraccaroli

Miriam: Abbiamo fatto due stagioni insieme al rifugio Balasso, che non è un vero e proprio rifugio, ma è un punto di passaggio per molti escursionisti. Ci era molto piaciuto per l’ambiente e ci siamo detti: “sarebbe bello, un giorno, gestire un rifugio”. Avevamo l’intenzione di provare a gestire il rifugio "Cesare Battisti" alla Gazza, sotto il Fraccaroli dalla parte di Recoaro, però preferivamo l’idea di stare in un rifugio vero, di quelli a cui non si arriva in macchina. Appena è uscito il bando del Fraccaroli, quindi abbiamo provato.

Andrea: Se non fossimo riusciti a prenderlo in gestione, avremmo voluto fare una stagione da qualche parte.

Conoscevate già la zona?

A: Sì siamo saliti spesso sia d’inverno che d’estate.

Perchè avete questo desiderio di allontanarvi e vivere in un rifugio dove non si può arrivare se non a piedi?

M: Perchè è un rifugio di montagna ed è quello che volevamo: la gente che arriva al Fraccaroli non ci arriva in macchina.

A: Ci piaceva anche l’idea che fosse un rifugio che è sempre riuscito a mantenere un clima “famigliare” con chi arrivava.

Vi siete fatti un’idea di come gestire un rifugio del genere?
A: Di rifugi ne abbiamo girati tanti. Non abbiamo tanta esperienza, ma abbiamo l’aiuto dei famigliari e speriamo di fare bene senza troppi problemi. Certo, bisogna avere voglia di fare fatica.

Cosa vi hanno detto i vostri famigliari quando avete fatto questa scelta?

M: Sono stati super contenti anche loro.

A: I miei hanno pensato, all’inizio, che fossi un po’ pazzo. Poi però hanno capito che era una bella cosa.

Siete più eccitati o spaventati adesso che ci avviciniamo all’apertura della stagione?

A e M: Entrambi! (ridono, ndr) Adesso partiremo un po’ con il profilo basso: anche per quanto riguarda il menù, volevamo partire con pochi piatti ma fatti bene. Partiremo con calma, poi avremo tempo per allargarci e fare di più.

Quando aprirete la stagione?

A: La stagione parte a giugno, ma non abbiamo ancora la data precisa. Secondo la legge provinciale l’apertura dovrebbe essere dal 20 giugno, ma se riuscissimo vorremmo aprire anche prima. Adesso c’è ancora la neve su. Inizieremo ad andare al rifugio a maggio.

Una volta aperti quale sarà il vostro ruolo?

M: Beh, noi saremo un po’ i tutto fare: dobbiamo essere in grado di fare tutto. E poi abbiamo sotto di noi tutto uno staff: cameriere, cuoco e ci sono i nostri amici e famigliari che verranno a dare una mano. No magari in cucina non siamo degli chef, ma se ci trovassimo da soli al rifugio dovremo saper gestire anche la cucina. Certo, significa rinunciare ad altre cose: al mare, a far festa. Ma ti fai un’esperienza che vale molto di più.

A: Siamo, forse, i rifugisti più giovani di sempre. E speriamo di essere d’esempio anche per altri.

Farete anche pernottamento?

A: Sì apriremo anche per il pernottamento. Abbiamo 22 posti letto, ma partiremo con un numero un po’ ridotto per organizzarci meglio. Tutto dipenderà dalle norme per il Covid.

Tornando a voi. Avete un posto del cuore?

A: Eh ce ne sono tanti! (ridono, ndr). Ogni posto ha il suo perché. Ci era piaciuta molto la Valle d’Aosta.

M: Ogni weekend andiamo in un posto diverso e ogni luogo ha la sua particolarità. Potremmo stilare una lista… .

E il vostro piatto da rifugio preferito?

A: L’ultima volta che siamo stati in un rifugio, alle 18.30 si mangiava ed è arrivato il gestore che ci ha detto: “Stasera di primo c’è la minestra, di secondo il gulasch e il dolce”. Non c’era da scegliere, come succede spesso. Anche questa è la nostra idea: non vogliamo fare un ristorante gourmet ad alta quota: vogliamo fare piatti semplici e rispettare l’essenzialità del rifugio.