Storie di persone | 30 giugno 2022, 11:44

“Pakistan Dreaming”, cronache da un Paese difficilmente addomesticabile

“Pakistan Dreaming”, cronache da un Paese difficilmente addomesticabile

Oltre ottanta nazioni sul curriculum, metodi di viaggiare alternativi e un’inarrestabile voglia di documentare i suoi viaggi. Marco Rizzini, giornalista veronese che ora vive a Milano, ha recentemente pubblicato il suo ultimo libro, Pakistan Dreaming. Un reportage di un Paese e di un popolo fiero, generoso e difficilmente addomesticabile.

Il viaggio è sempre stato una costante della tua vita?

Sì. Ad attirarmi è soprattutto l’idea di avventura e di esplorazione, unita alla possibilità di poterlo raccontare al mio rientro. Mi intriga la possibilità di smentire luoghi comuni, ma anche di rafforzarli. Da sempre ho voluto fare ciò che faccio, dalle letture sul tema al viaggio vero e proprio.

Come mai la scelta del viaggio è ricaduta proprio sul Pakistan?

Il Pakistan è un Paese bellissimo. Ma dopo l’11 settembre è stato un po’ messo sulla “lavagna dei cattivi”. È diventato una meta poco appetibile anche per i turisti più di nicchia. Ho voluto vedere con i miei occhi questa realtà, andare oltre l’etichetta che da oltre vent’anni marchia il Pakistan.

Se dovessi raccontare il Pakistan a una persona che non l’ha mai visitato, che parole e immagini useresti?

Non si può giudicare un Paese come il Pakistan con un occhio etnocentrico e occidentale. Si tratta di un luogo che ragiona e ha valori completamente diversi dai nostri. Il tema della religione è fondante, questo non preclude però l’accoglienza che il popolo mi ha riservato e la gentilezza con cui mi hanno trattato. È un mondo diametralmente opposto al nostro, però.

Qual è il ricordo migliore che ti porti da un viaggio?

Amo viaggiare e parlare con la gente. Spesso i ricordi di un viaggio sono come polaroid: un frammento di dialogo con un tassista, una chiacchiera con la persona che ti ospita per la notte… Sono tutti fermoimmagine che costruiscono il ricordo. Del Pakistan invece ricordo con la luce negli occhi la “Montagna Assassina”, il Nanga Parbat. È un’immagine che non dimenticherò mai.

Chi sono solitamente i tuoi compagni di viaggio?

Ho avuto la fortuna di avere un amico appassionato di viaggi che negli ultimi vent’anni mi ha accompagnato durante tanti viaggi. Anche le fidanzate che ho avuto nel corso degli anni condividevano la mia passione, così come la mia attuale moglie.

Qual è una meta che ti manca e che vorresti recuperare?

Vorrei tantissimo visitare la Patagonia argentina, ho già visto quella cilena e ho visitato altre zone dell’Argentina, ma l’estremo sud mi manca.

 

Valentina Ceriani