È possibile generare la prosperità delle organizzazioni in equilibrio con le comunità, l’ambiente e le istituzioni, per contribuire allo sviluppo integrale dell’umanità? Un’organizzazione che fa business può contribuire alla realizzazione del bene comune? La risposta sta nell’acronimo ESG (Environmental, Social, Governance) che, di fatto, è l’evoluzione di ciò che si conosceva come “Responsabilità Sociale d’Impresa”.
Ma quando parliamo di sostenibilità, e più nello specifico di ESG, cosa intendiamo di preciso?
La sostenibilità è l’equilibrio ottimale tra le aree economica, sociale e ambientale di un’organizzazione. Le tre aree si intersecano e definiscono la finalità e le azioni da intraprendere per un’organizzazione, sia essa impresa business o del terzo settore o una pubblica amministrazione o una città.
Un’azienda o un progetto è sostenibile quando dialoga con i propri stakeholder (portatori di interesse) per definire in modo partecipato le azioni da intraprendere e su quali aree doversi concentrare maggiormente. Significa, per esempio, che le scelte di produzione devono considerare se e quanto inquinano, se il prodotto al termine del ciclo di vita può essere immesso nell’economia circolare anziché finire in discarica. Significa che i profitti che vengono generati dall’attività economica non possono causare danni – e quindi costi – all’ambiente. Un’azienda che lavora il legno può ritenersi sostenibile se la materia prima proviene dal disboscamento illegale di alcune aree remote del mondo, distruggendo la biodiversità della fauna e della flora, e/o violando i diritti umani con lavoro sommerso o con pratiche corruttive lungo le filiere?
Il sogno è che un domani si possa fare business e avere uno sviluppo per tutti senza impatti negativi nelle aree sociale ed ambientale. In tale visione l’essere umano ha un ruolo di custode del pianeta preservando nel tempo i patrimoni naturale e culturale presenti.