Storie di persone | 25 aprile 2020, 18:44

Stiamo perdendo la generazione che ha ricostruito l'Italia

Stiamo perdendo la generazione che ha ricostruito l'Italia

Il bollettino giornaliero delle vittime del Covid-19 non impressiona più, anche se i numeri raccontano di media 500 vittime giornaliere, negli ultimi 40 giorni solo in Italia. Al massimo senti sussurrare un laconico “pazienza”. E mi vengono i brividi quando scopro che a comportarsi così sono le persone comuni, quelle poche che vedi a guardare le nuove epigrafi o al telefono ti raccontano dell’ultima vittima. Sì, non sono solo i politici indaffarati a guardare oltre il Lockdown e all’economia che arretra. Eppure abbiamo perso (oltre 26mila solo in Italia) le persone che hanno contribuito allo sviluppo economico e sociale della propria comunità e sono state il collante tra le generazioni. 

Certamente: tutti dobbiamo morire, è il ciclo della vita, ma c’è modo e modo. Assistiamo alla scomparsa di persone anziane, medici, infermieri e sacerdoti (questi ultimi poco attrezzati), vittime della battaglia contro il Coronavirus, che se ne vanno soli, abbandonati, nemmeno accompagnati dai figli all’ultima dimora. 

Papa Francesco, la domenica Ottava di Pasqua, ha sottolineato tra l’altro «questa pandemia ci ha reso tutti più fragili e c’è il pericolo di un virus ancora peggiore, quello dell’egoismo indifferente, che porta a pensare che tutto andrà bene se andrà tutto bene a me, dimenticando  chi è rimasto indietro. Si inizia da qui per selezionare le persone….».  

Spero che questa indifferenza sia soltanto frutto dell’ansia per l’incertezza del futuro. Mi chiedo spesso: «Le storie e la vita di tutte queste persone, serviranno per la ricostruzione di un mondo nuovo? Più partecipe, più umano e solidale? O l’indelebile dolore per la conclusione della loro vicenda umana, resterà solo nel cuore dei parenti più stretti?».

Voglio pensare in positivo e auspico che noi tutti, al più presto, prenderemo coscienza della gravità di queste perdite e invertiremo il passo. Ovvero che rispunti in tutti, persone guarite e indenni dal Coronavirus, il concreto desiderio di lavorare, per ricostruire un nuovo tessuto sociale, più solidale e responsabile. Potremo così compensare (almeno in parte) il grande sacrificio di tutti coloro che abbiamo perso in questa circostanza.