Cultura e spettacoli | 08 agosto 2014, 17:00

Arresto cardiaco: bastano le sole mani per poter salvare una vita

L’arresto cardiaco inatteso è un evento di notevole impatto sanitario che colpisce in Europa 400.000 persone all’anno, circa 60000 casi all’anno in Italia, con un’incidenza europea giornaliera di 1000 arresti cardiaci.

Dalle statistiche risulta che nel 70%, questo evento, avviene alla presenza di qualcuno ma solo nel 15% dei casi i presenti iniziano le manovre di rianimazione cardiopolmonare (RCP). Questo fa sì che le possibilità di recupero con una funzionalità cerebrale e relazionale valida siano veramente molto basse e quindi con altissimi costi personali, per la perdita di funzione cerebrale, oltre che sociali.

La RCP ha lo scopo di portare sangue ossigenato al cervello per permetterne la sopravvivenza nei soggetti colpiti da arresto cardiaco evitando così l’instaurarsi del danno anossico cerebrale che, altrimenti, porterebbe a danni irreversibili già dopo dieci minuti di arresto in assenza di manovre rianimatorie. Inoltre l’esecuzione del massaggio cardiaco mantiene la capacità del cuore di rispondere a un’eventuale defibrillazione elettrica.

Il soggetto colpito da arresto cardiaco è facilmente riconoscibile in quanto non risponde alla stimolazione verbale e tattile ed una volta che sono state aperte le vie aeree non respira normalmente ne produce tosse, rumori respiratori e movimenti di torace e arti (assenza di respiro e circolazione).

Il riconoscimento dell’assenza di coscienza è fondamentale perché è il punto di partenza della catena della sopravvivenza, la serie di azioni che portano alla corretta concatenazione di valutazioni e azioni che possono assicurare alla vittima le migliori possibilità di ripresa. Al riscontro di un soggetto incosciente, in sicurezza, il soccorritore deve chiamare per un aiuto generico.

In seguito occorre procedere, previa apertura delle vie aeree, alla valutazione dell’attività respiratoria e circolatoria. Ci si avvicina alla bocca della vittima e guardando il torace scoperto si effettua la valutazione GAS per 10 secondi: Guardo se ci sono movimenti del torace, Ascolto se ci sono rumori dalle vie aeree e Sentirò se c’un flusso di aria, associando la ricerca di segni di circolo (MOvimenti-TOsse-REspiro normale=MOTORE).

In loro assenza il soggetto è in arresto cardiaco (AR) pertanto si deve chiamare prioritariamente il 118 (fig4), far portare, se disponibile, un defibrillatore semiautomatico o DAE

e procedere alle manovre di RCP in attesa dell’intervento del soccorso professionale, dell’arrivo di un DAE o, assai raramente, della ripresa della vittima.

La RCP si esegue ponendo le mani al centro del torace, con le braccia tese ed utilizzando il proprio peso con fulcro sulle anche, lo si deve comprimere per 5-6cm.

La vittima deve essere supina distesa su una superficie rigida, lo scopo è di spremere il sangue dalle cavità cardiache verso il cervello comprimendo il cuore tra sterno e colonna vertebrale. Dopo aver eseguito la compressione è necessario che il torace si possa riespandere per permette di nuovo il riempimento del cuore cosi che sia pronto per una nuova compressione.

La successione delle compressioni è veloce con una frequenza utile indicata tra le 100 e le 120 compressioni al minuto.

Un massaggio efficace può sostenere il circolo per parecchio tempo, con casi riportati anche di più di 60 minuti di massaggio.

Sicuramente è faticoso per cui l’indicazione è, qualora ci fosse la possibilità, di sostituire chi massaggia ogni 2 minuti.

Qualora chi massaggia ne fosse in grado e si sentisse di farlo, in base alle specifiche circostanze, è opportuno che alterni 30 compressioni toraciche con due ventilazioni bocca a bocca, in assenza di dispositivi di barriera, per ottimizare la RCP portando nuovo ossigeno nel sangue.

L’esperienza ha dimostrato che proprio la riluttanza nell’eseguire la ventilazione bocca a bocca da parte dei soccorritori occasionali ha impedito poi la prosecuzione della RCP nell’errata convinzione che il solo massaggio cardiaco fosse inutile, mentre al contrario è estremamente utile. Nei primi minuti di arresto cardiaco il sangue rimane ossigenato a sufficienza per permettere la sopravvivenza del cervello per parecchi minuti, l’importante è che sia fatto circolare con le compressioni toraciche. Dato lo stato di morte clinica dell’arresto cardiaco, un soccorso imperfetto ma eseguito è meglio di un soccorso perfetto ma negato, quindi è meglio fare qualcosa che non fare nulla azzerando le possibilità di ripresa di una vita normale.

Se sulla scena dell’arresto cardiaco dovesse essere presente, o arrivare dopo la chiamata, un DAE è essenziale il suo utilizzo senza perdita di tempo.

Il DAE, Defibrillatore semiAutomatico Esterno, è sostanzialmente un computer che guida l’operatore con indicazioni sonore ed visive alla sua corretta applicazione ed utilizzo, e lo esonera dalla responsabilità della diagnosi. Infatti, nel caso dell’arresto cardiaco, sarà il DAE a dire se è indicata o meno l’erogazione della scarica elettrica ed eventualmente a mettersi in modalità di carica. Se non c’è l’indicazione il DAE non potrà mai erogare alcuna scarica elettrica. L’unica responsabilità dell’utilizzatore è fare in modo che nessuno tocchi la vittima durante l’analisi del ritmo e, ovviamente, durante l’erogazione della scarica elettrica.

Nella maggioranza dei casi, circa il 65%, nei primi minuti di arresto cardiaco è presente un ritmo suscettibile di defibrillazione, la scarica elettrica erogata provve quindi a silenziare la caotica attività elettrica presente permettendo così ad un pacemaker naturale di ripristinare un’attività cardiaca naturale. Anche in questo caso la RCP, in attesa di un DAE, è essenziale perché permette al cuore di rimanere ssigenato e suscettibile al successivo trattamento elettrico.

Una volta erogata la scarica elettrica, se la vittima non mostra palesi segni di vita, si continua con la RCP per due minuti sino a quando il DAE effettua una nuova analisi.

Tutto questo viene condotto sino all’arrivo del soccorso professionale del 118 che sarà stato già chiamato al riscontro dell’arresto cardiaco.

E’ ormai un’esperienza consolidata per gli operatori della Centrale Operativa del 118 dare indicazioni telefoniche ai testimoni di un arresto cardiaco e guidarli nelle essenziali manovre di rianimazione cardiopolmonare.

Da quanto detto si comprende assai facilmente che le manovre rianimatorie di base sono realmente semplici da mettere in atto e applicabili da tutti, infatti bastano “le sole mani per potere salvare una vita!”

Giovanna Pirana