Cultura e spettacoli | 11 settembre 2013, 14:48

Kunatu

Kunatu

C’è Manoj, che viene dallo Sri Lanka e vive in Italia da

qualche anno, ma non trova lavoro. A mantenerlo è la moglie, mentre frequenta

pubblicamente un altro uomo e pensa al divorzio. C’è Asha, una giovane studentessa

universitaria, arrivata in Italia all’età di 10 anni. Ora ne ha 25 e vive

sospesa tra le due culture, mescolando italiano e srilankese, novità e

tradizioni, in lotta con un padre che non capisce come possa, dopo “soli” 15

anni all’estero, aver dimenticato le proprie origini. C’è Rita, l’italiana

innamorata di un Oriente stereotipato, che passa la sua vita tra incensi e

filosofie lontane. E attorno a loro, un microcosmo di visi e lingue diverse,

che si incrocia, a volte senza toccarsi, a volte mescolandosi fino a far quasi

sparire le differenze, sullo sfondo della città dell’amore, la bella Verona.

Tutto questo è Kunatu (in italiano “tempeste”), la prima

serie srilankese pensata appositamente per il web e girata a Verona dal regista

e sceneggiatore Suranga Deshapriya Katugampala, venticinquenne nato in Sri

Lanka e arrivato a Verona poco più che bambino, e dalla sua troupe, formata da

suoi connazionali e da italiani, ma anche da professionisti di altre origini,

in un melting pot culturale che rappresenta perfettamente la nuova realtà

sociale italiana. 5 le puntate previste in questa prima fase sperimentale,

girate in srilankese e in italiano, visibili sul sito www.kunatu.com

«Abbiamo scelto il web per avere totale libertà di

espressione, sia nei contenuti che a livello stilistico» spiega Suranga, «e per

lo stesso motivo non abbiamo chiesto alcun finanziamento per questo progetto,

che stiamo portando avanti grazie all’impegno e alla professionalità di noi

tutti, nonché al sostegno di molte persone, dagli attori alle comparse,

passando per la cuoca che prepara il pranzo per tutti». Un progetto in cui il

team mostra di credere molto e che sta riscuotendo un forte interesse, rendendo

possibile ipotizzare un suo futuro proseguimento.

«Kunatu è nato perché ci sono tantissime storie legate agli

stranieri che non vengono raccontate, non solo da parte dei mass-media, ma

anche nelle chiacchiere della quotidianità, storie che hanno a che fare con

l'integrazione, con i loro modi di vivere, dico “loro” perché io ormai non so

più a quale categoria delle due appartengo: mi sento sia italiano che

srilankese!» prosegue il regista. E alcune di queste storie vengono riprese nel

corso delle diverse puntate: il prestito di denaro, che non sempre è un

prestito di favore, ma a volte nasconde un interesse; il farsi una nuova vita

lontano dal proprio Paese, e magari dalla propria moglie o dal proprio marito;

i giochi di equilibrio a cui devono sottostare le “seconde generazioni”, tra

genitori che impongono loro le tradizioni delle origini, sottolineando il loro

“essere di passaggio” in questo Paese, e la necessità del loro vivere “qui e

ora”; l’intolleranza degli italiani, ma anche la chiusura in se stessi dei

gruppi di stranieri.

«Creare questa serie è stata una bella sfida» spiega

Cristina Mirandola, aiutoregista nonché attrice (impersonifica l’italiana

“fanatica” dell’Oriente). «Comunicare con una troupe di attori che non parla

bene la tua lingua (mentre tu non parli assolutamente la loro!) e proviene da

un altro background non è semplice: una parola o un atteggiamento che per me

hanno un determinato significato, calati nella loro cultura possono assumere un

significato completamente diverso! Il bello, però, è capire che alla fine, il

nostro essere, i sentimenti, le gioie e le difficoltà sono le stesse per

tutti».

Viene da chiedersi quale sia la reazione degli srilankesi

davanti a questo progetto. «La prima puntata, con i suoi toni cupi e l’omicidio

finale (Manoj, in un raptus, uccide la moglie, ndr), volutamente esagerato nei

toni, ha creato molte polemiche, ma insieme anche molta suspense» spiegano.

Ora, come si può notare dai commenti ai video sul loro sito internet e su

Facebook (www.facebook.com/Kunatu), sono in molti ad aspettare con ansia le

nuove puntate. «Con questa serie abbiamo voluto avvicinare, nel rispetto e

nella conoscenza reciproca, due culture che non sanno molto l’una dell’altra,

senza nasconderci dietro buonismi e visioni superficiali» prosegue Suranga.

Come nell’ultima puntata, in cui italiani e srilankesi si ritrovano insieme a

una festa, facendo cadere ogni barriera e mostrando, anche nella capacità di

dimenticare, di assomigliarsi più di quanto non credano: «alla fine» conclude

il regista «banalmente, al di là di ogni provenienza, siamo semplicemente delle

persone».