Cultura e spettacoli | 05 gennaio 2018, 10:10

La commovente arte del "Pitu"

La commovente arte del "Pitu"

Alcuni lo chiamano il "Ligabue", in omaggio al celebre pittore. La sua storia personale si perde tra racconti e ricordi, ma il suo tocco ha trasformato un piccolo angolo di Lugo di Grezzana in una mostra a cielo aperto. Magia e romanticismo in un personaggio che incanta e commuove per la sua semplicità.

di Matteo Bellamoli

NON VUOLE ESSERE chiamato con nessun altro nome. Nella sua sgargiante tuta rossa sorride con innocenza, ma nasconde un carisma e una passione incredibili. A Lugo di Grezzana qualcuno lo ha definito “il Ligabue di Lugo”, ma tutti lo conoscono come “Pitu”, un nome che, dice, si è scelto lui forse per mutuare un senso dalla parola “pittore”. Con il celebre Antonio Ligabue, in effetti, condivide sicuramente la storia travagliata e a tratti triste, l’animo gentile ma segnato forse da tante sofferenze e, cosa più importante, l’estro magico di chi sente la passione per l’arte scorrergli nelle vene. È difficile dargli un’età, ma la sua è una storia che sa di avventura e, un po’ come una leggenda, sfuma i suoi contorni mentre si addentra in un affascinante passato. Originario dell’Istria, è arrivato a Verona oramai in età adulta dopo aver vissuto e studiato per tanto tempo a Genova. Qui ha imparato alcune tecniche artistiche come l’intaglio, che ha poi fatto sue e gelosamente conservate prima di farne un uso tutto personale. Il “Pitu” non si limita infatti solo alla pittura: scolpisce, disegna, scrive poesie.

Cerca nell’arte una ragione di vita, un modo per lasciare un segno in un mondo un po’ ingiusto che lo ha forse spesso lasciato in disparte. È arrivato a Lugo di Grezzana quattro anni fa, nel 2013, quando in via Fincato è stato chiuso il convento dei frati cappuccini del Barana, trasferiti a Villafranca. La congregazione gli ha trovato un piccolo appartamento a Lugo e lui, il “Pitu” ha ben pensato di dipingerlo immediatamente. Dipinge dappertutto, del resto: sui quadri, sui muri di casa, sulle pareti diroccate che circondano il suo laboratorio, un baracchino di lamiera e cartone che si è costruito in un angolo non distante dal centro del paese. Predilige i materiali di recupero, quelli che trova strada facendo, compreso polistirolo, vecchi pezzi di legno, sassi che diventano visi, paesaggi o figure dal carattere religioso.

LO INCONTRIAMO in una uggiosa domenica di novembre, ci aspetta con impazienza e ben presto ci mostra il suo lavoro, che custodisce gelosamente sotto a teli e lamiere. Da una parte ci sono dei fusti d’albero intagliati e dipinti a formare una lunga serie di personaggi del presepe, che ben presto saranno esposti in una piazza tra Bussolengo e Grezzana che si stanno giocando questo piccolo privilegio. Ce li mostra con orgoglio, quasi fossero figli suoi. Dall’altra ci sono i muri dipinti. Il suo tocco ha trasformato gli anonimi portoni d’acciaio di un vecchio garage in una contrada quasi abbandonata in una raffigurazione su Romeo e Giulietta, mentre dalla parte opposta della strada ha fatto rinascere un vecchio muro con un lungo profilo merlettato che somiglia al Ponte Scaligero.

Quanto ha l’ispirazione, il “Pitu” non ha bisogno di tempo, si butta a capofitto sulla sua idea per trasformarla in realtà in poche ore. «Non lo so quando ho imparato a dipingere - confida - quando ero in collegio la maestra mi fece raffigurare la storia romana. L’ho sempre saputo fare». Ma se il suo tocco sembra irruento nella foga di dare forma ai suoi pensieri, allo stesso tempo sa essere anche gentile e dolce quando lavora su piccoli quadri. Lo dimostrano alcuni lavori che i suoi vicini hanno voluto tenere in casa, dove sono raffigurati sinuosi panorami nella Lessinia in tutta la loro forza cromatica autunnale o dove si scorge la bellezza mozzafiato di uno degli angoli più suggestivi e romantici di Verona: il Teatro Romano raffigurato da Piazza Molinari Brà.

Apparentemente la sua arte non ha regole, vive di momenti. Trova essenza nell’esatto istante in cui la sua mano si posa su un pennello, una matita, uno scalpello e prende la forma delle sensazioni e delle emozioni che il “Pitu” sente sue. Ha un modo tutto suo di creare, ma chi lo conosce, chi ha l’occasione di stare con lui per più di qualche ora è sicuro che dietro alla sua semplicità ci sia anche del genio. Del resto, come tanti esempi della storia artistica mondiale dimostrano, non occorre essere famosi e sotto i riflettori della ribalta per meritare un posto nel domani.