Cultura e spettacoli | 16 ottobre 2013, 17:35

Voci dalla Siria

La Siria di oggi è un cumulo di trepidazioni.

Dallo sgomento violento per i numeri dei morti, all'orrore urlato per l'attacco

con le armi chimiche del 21 agosto scorso e a quello raccontato, forse,

sottovoce dei migliaia di profughi stipati nella vicina Giordania.

Dall'insofferenza arrabbiata che guarda le rappresaglie tra i ribelli e i

fedelissimi di Assad, su Youtube, alla goia vera che ha accompagnato la

liberazione di Domenico Quirico. Dall'attenzione, a tratti indignata, con cui

si seguono i tentennamenti di Obama e i "no" perentori di Putin,

all'apprensione instancabile di chi ha paura per la vita di Padre Paolo

Dall'Oglio, sparito lo scorso 29 luglio a Raqqa. In mezzo a tutto questo

caotico sconcerto abbiamo chiesto a due voci pulite di raccontarci la Siria che

hanno conosciuto. Sono due donne, due veronesi.

Fabiana e Cristina hanno i modi delicati di chi sa

rispettare. E così con rispetto, parlano della tragedia che accade ora tra le

vie di Damasco, della loro amicizia con Padre Paolo Dall'Oglio, della loro

associazione che si chiama "2 Facce" perché vuole dire anche nel nome

l'apertura grandissima al dialogo cristiano-islamico che è la base delle

iniziative del gruppo.

Fabiana Panozzo

Fabiana, ha trascorso un anno in Siria. Che tipo

di esperienza ha vissuto?

Ho vissuto un tempo di profonda e totale

condivisione con la comunità del Monastero di Mar Musa nel deserto siriano

fondata da Padre Paolo dall’Oglio. La comunità vive tre priorità in un unico

orizzonte: la preghiera contemplativa, il lavoro manuale (sull’esempio della

famiglia di Nazareth, ndr) e l’ospitalità sacra abramitica. Tutto questo in un

unico orizzonte: l’armonia islamo-cristiana. L’esperienza è stata eccezionale

nel vero senso della parola, ho vissuto e condiviso la quotidianità con il

popolo siriano, nella sua ricchezza e diversità.

Ha visto un paese diverso o le premesse del

conflitto erano già visibili?

La Siria è un paese straordinariamente bello in

cui si percepiva veramente la “culla” della nostra civiltà. I siriani mi hanno

sempre stupito per gentilezza e accoglienza. Chiunque l’abbia sperimentato lo

può confermare. Un’altra dimensione, meno chiara agli occhi di un soggiorno

turistico, ma molto evidente nella vita quotidiana, era la realtà di un paese

che vive da una quarantina d’anni in un regime dittatoriale. Le premesse

c’erano.

Riesce a raccontarci la Siria di adesso, quella

vera, forse più lontana dalle strumentalizzazioni dei media?

La Siria che oggi conosco mi è descritta in

diversi modi: da persone sopravvissute e fuggite che vivono comunque la

tragedia di aver perso tutto, o da persone che trovandosi ancora là si

esprimono non potendo parlare della situazione reale (le comunicazioni sono

controllate, ndr). Per capire, cerco di leggere i toni della voce, riconoscere

le espressioni dei volti. La popolazione siriana vede le proprie vite e il

proprio paese distruggersi, vive una tragica sofferenza e i più si sentono

abbandonati dalla comunità internazionale.

In terra siriana ha conosciuto Padre Paolo

Dall'Oglio? Come ha reagito alla notizia del suo rapimento ?

Ho conosciuto Padre Paolo al Monastero di Mar Musa

in un viaggio nel 2006. In seguito ho sempre mantenuto i contatti, ancor più in

questi tempi sempre più tragici. La notizia mi ha subito molto preoccupato ed

addolorato, anche se cerco di lasciar spazio alla speranza. Padre Paolo era

ormai parte del mio quotidiano e non posso negare che sento molto la sua

assenza, come molti altri che hanno avuto modo di conoscerlo.

Due anni e mezzo di sangue, migliaia di morti,

l'attacco del 21 agosto con il gas sarin. Dalla Siria solo notizie drammatiche.

Si può secondo lei, trovare posto per una qualche speranza?

Io credo che troveremo la speranza che abbiamo saputo

nutrire ed alimentare. La pace può essere aiutata e costruita, non solo a

livello degli organismi internazionali, ma anche da noi stessi: impegnandoci a

costruire ponti, soccorrendo con raccolta di aiuti umanitari, scomodandosi

nell’accoglienza dei profughi. Dobbiamo comprendere la realtà andando oltre,

non accettando le descrizioni che ci propinano di una realtà in bianco e nero,

ma cogliendo le sfumature, che sono persone, fratelli, volti che piangono,

sperano e sorridono.

Cristina Frescura

Cristina, facendo parte dell'associazione 2facce

che si interessa da anni del rapporto tra cristianità e Islam, è in grado di

raccontarci la Siria di adesso, quella vera?

Non posso dire onestamente di essere in una

condizione privilegiata: a differenza di altre persone delle "Due

facce" la mia conoscenza della realtà siriana è legata all'amicizia coi

membri del gruppo Quello che posso dire è che le drammatiche immagini, le cifre

catastrofiche, tutte le informazioni che i media ci forniscono quotidianamente,

ritrovano per me tutta la loro tragica e insostenibile forza quando diventano

storie, nomi, volti. Ogni singola vittima ci chiede di essere presa a cuore in

sé e per sé, semplicemente in nome di ciò che ci rende umani.

Lei in particolare ha coadiuvato Padre Dall'Oglio

nella stesura del suo ultimo libro, “Collera e Luce”. Come ha appreso del

rapimento?

Da quando ho visto su Rainews 24 la notizia del

rapimento, ho potuto provare sulla mia pelle l'angoscia e il terribile senso di

impotenza che tante persone vivono ogni giorno, in Siria, ma non solo. Ho

vissuto con emozione il ritorno di Domenico Quirico e vorrei che questa gioia

potesse essere sperimentata da tutti coloro che sono coinvolti in simili

situazioni.

Di fronte alle indecenze di una guerra civile che

non sembra esaurirsi, dove e in che modo, secondo lei, la speranza può trovare

spazio?

La speranza non deve essere una aspirazione

astratta, un generico "speriamo bene" bensì un atteggiamento attivo,

un coinvolgimento in prima persona per la giustizia e la pace, le quali non

dipendono solo dalle risoluzioni dell'ONU o dalle strategie geopolitiche, ma

dalle concrete e quotidiane prese di posizione di ogni essere umano, a partire

da noi stessi.