La Siria di oggi è un cumulo di trepidazioni.
Dallo sgomento violento per i numeri dei morti, all'orrore urlato per l'attacco
con le armi chimiche del 21 agosto scorso e a quello raccontato, forse,
sottovoce dei migliaia di profughi stipati nella vicina Giordania.
Dall'insofferenza arrabbiata che guarda le rappresaglie tra i ribelli e i
fedelissimi di Assad, su Youtube, alla goia vera che ha accompagnato la
liberazione di Domenico Quirico. Dall'attenzione, a tratti indignata, con cui
si seguono i tentennamenti di Obama e i "no" perentori di Putin,
all'apprensione instancabile di chi ha paura per la vita di Padre Paolo
Dall'Oglio, sparito lo scorso 29 luglio a Raqqa. In mezzo a tutto questo
caotico sconcerto abbiamo chiesto a due voci pulite di raccontarci la Siria che
hanno conosciuto. Sono due donne, due veronesi.
Fabiana e Cristina hanno i modi delicati di chi sa
rispettare. E così con rispetto, parlano della tragedia che accade ora tra le
vie di Damasco, della loro amicizia con Padre Paolo Dall'Oglio, della loro
associazione che si chiama "2 Facce" perché vuole dire anche nel nome
l'apertura grandissima al dialogo cristiano-islamico che è la base delle
iniziative del gruppo.
Fabiana Panozzo
Fabiana, ha trascorso un anno in Siria. Che tipo
di esperienza ha vissuto?
Ho vissuto un tempo di profonda e totale
condivisione con la comunità del Monastero di Mar Musa nel deserto siriano
fondata da Padre Paolo dall’Oglio. La comunità vive tre priorità in un unico
orizzonte: la preghiera contemplativa, il lavoro manuale (sull’esempio della
famiglia di Nazareth, ndr) e l’ospitalità sacra abramitica. Tutto questo in un
unico orizzonte: l’armonia islamo-cristiana. L’esperienza è stata eccezionale
nel vero senso della parola, ho vissuto e condiviso la quotidianità con il
popolo siriano, nella sua ricchezza e diversità.
Ha visto un paese diverso o le premesse del
conflitto erano già visibili?
La Siria è un paese straordinariamente bello in
cui si percepiva veramente la “culla” della nostra civiltà. I siriani mi hanno
sempre stupito per gentilezza e accoglienza. Chiunque l’abbia sperimentato lo
può confermare. Un’altra dimensione, meno chiara agli occhi di un soggiorno
turistico, ma molto evidente nella vita quotidiana, era la realtà di un paese
che vive da una quarantina d’anni in un regime dittatoriale. Le premesse
c’erano.
Riesce a raccontarci la Siria di adesso, quella
vera, forse più lontana dalle strumentalizzazioni dei media?
La Siria che oggi conosco mi è descritta in
diversi modi: da persone sopravvissute e fuggite che vivono comunque la
tragedia di aver perso tutto, o da persone che trovandosi ancora là si
esprimono non potendo parlare della situazione reale (le comunicazioni sono
controllate, ndr). Per capire, cerco di leggere i toni della voce, riconoscere
le espressioni dei volti. La popolazione siriana vede le proprie vite e il
proprio paese distruggersi, vive una tragica sofferenza e i più si sentono
abbandonati dalla comunità internazionale.
In terra siriana ha conosciuto Padre Paolo
Dall'Oglio? Come ha reagito alla notizia del suo rapimento ?
Ho conosciuto Padre Paolo al Monastero di Mar Musa
in un viaggio nel 2006. In seguito ho sempre mantenuto i contatti, ancor più in
questi tempi sempre più tragici. La notizia mi ha subito molto preoccupato ed
addolorato, anche se cerco di lasciar spazio alla speranza. Padre Paolo era
ormai parte del mio quotidiano e non posso negare che sento molto la sua
assenza, come molti altri che hanno avuto modo di conoscerlo.
Due anni e mezzo di sangue, migliaia di morti,
l'attacco del 21 agosto con il gas sarin. Dalla Siria solo notizie drammatiche.
Si può secondo lei, trovare posto per una qualche speranza?
Io credo che troveremo la speranza che abbiamo saputo
nutrire ed alimentare. La pace può essere aiutata e costruita, non solo a
livello degli organismi internazionali, ma anche da noi stessi: impegnandoci a
costruire ponti, soccorrendo con raccolta di aiuti umanitari, scomodandosi
nell’accoglienza dei profughi. Dobbiamo comprendere la realtà andando oltre,
non accettando le descrizioni che ci propinano di una realtà in bianco e nero,
ma cogliendo le sfumature, che sono persone, fratelli, volti che piangono,
sperano e sorridono.
Cristina Frescura
Cristina, facendo parte dell'associazione 2facce
che si interessa da anni del rapporto tra cristianità e Islam, è in grado di
raccontarci la Siria di adesso, quella vera?
Non posso dire onestamente di essere in una
condizione privilegiata: a differenza di altre persone delle "Due
facce" la mia conoscenza della realtà siriana è legata all'amicizia coi
membri del gruppo Quello che posso dire è che le drammatiche immagini, le cifre
catastrofiche, tutte le informazioni che i media ci forniscono quotidianamente,
ritrovano per me tutta la loro tragica e insostenibile forza quando diventano
storie, nomi, volti. Ogni singola vittima ci chiede di essere presa a cuore in
sé e per sé, semplicemente in nome di ciò che ci rende umani.
Lei in particolare ha coadiuvato Padre Dall'Oglio
nella stesura del suo ultimo libro, “Collera e Luce”. Come ha appreso del
rapimento?
Da quando ho visto su Rainews 24 la notizia del
rapimento, ho potuto provare sulla mia pelle l'angoscia e il terribile senso di
impotenza che tante persone vivono ogni giorno, in Siria, ma non solo. Ho
vissuto con emozione il ritorno di Domenico Quirico e vorrei che questa gioia
potesse essere sperimentata da tutti coloro che sono coinvolti in simili
situazioni.
Di fronte alle indecenze di una guerra civile che
non sembra esaurirsi, dove e in che modo, secondo lei, la speranza può trovare
spazio?
La speranza non deve essere una aspirazione
astratta, un generico "speriamo bene" bensì un atteggiamento attivo,
un coinvolgimento in prima persona per la giustizia e la pace, le quali non
dipendono solo dalle risoluzioni dell'ONU o dalle strategie geopolitiche, ma
dalle concrete e quotidiane prese di posizione di ogni essere umano, a partire
da noi stessi.