Editoriali | 01 ottobre 2020, 15:52

L'editoriale di Pantheon 115

L'editoriale di Pantheon 115

Tutto come previsto. O quasi. Luca Zaia, come sappiamo, e come ricorderà più avanti nelle pagine del Primo Piano il collega Alessandro Bonfante, ha fatto il botto anche questa volta dopo il successo ottenuto col referendum consultivo del 22 ottobre di tre anni fa. Una vittoria talmente scontata in queste elezioni regionali che il suo trionfo, in fondo, non ha fatto nemmeno notizia. Il verdetto lo si conosceva in anticipo, anche quel 76,8%, così imponente, inedito, travolgente, storico, era sulla bocca di tutti già nelle settimane precedenti al weekend elettorale.

Zaia piace, non solo ai leghisti. Mette d’accordo praticamente tutti nel centrodestra e suona canti di sirena irresistibili anche ai malcontenti del centrosinistra, vittima quest’ultimo, in Veneto, di una profonda crisi esistenziale, da anni.

Il “doge” si avvia così, in pompa magna, al suo terzo mandato da Presidente della Regione, consapevole di aver fatto bene, almeno ultimamente, pensando anche a come ha gestito l’emergenza Coronavirus. La sua popolarità non è mai stata così ampia, se potessimo descrivere la carriera politica con l’immagine di una parabola, il governatore si troverebbe ora nel punto di massima ascesa.

L’ex Presidente del Consiglio Matteo Renzi, leader di Italia Viva, in maniera provocatoria, dopo il successo ottenuto alle urne, gli ha chiesto cosa vorrà fare da grande. «Non mi interessa il nazionale» la risposta indiretta di Zaia, che la politica romana l’ha già saggiata dal 2008 al 2010 quando fu ministro delle politiche agricole alimentari e forestali nel governo Berlusconi IV.

Troppo astuto e intelligente l’uomo di Conegliano per replicare a frecciatine sconvenienti, finalizzate soltanto a verificare se esistono punti deboli sul Luca Zaia politico. Eppure la domanda dell’ex premier non sarebbe del tutto fuori luogo.

Zaia ha come principale obiettivo dichiarato l’autonomia, gli basterà? Questo mandato sarà l’ultimo visto che è il terzo, come capitalizzerà e come alimenterà nei prossimi anni il quasi milione di voti di cui dispone personalmente e non come partito? Li metterà a disposizione di qualcuno o qualcosa? Accetterà di rifondare un centrodestra moderato, liberale che dalla progressiva erosione di Forza Italia ha lasciato posto ad altri movimenti più radicalizzati, compresa la Lega? E poi, quanto durerà ancora il matrimonio con Matteo Salvini, così lontano nell’atteggiamento, nel linguaggio, nel modo di porsi rispetto al collega di partito? «Mi interessa il Veneto e mi interessano i veneti» ripete in continuazione il Presidente: ci crediamo, e ci regala un sollievo ogni volta che lo dice.

Ci sono sì cinque anni davanti per portare a casa l’obiettivo principale, il Veneto autonomo, ma ci sono anche tante cose da sistemare e da guardare con attenzione: dal completamento delle grandi infrastrutture viabilistiche (TAV e Pedemontana per citarne alcune), alla tragedia Pfas, ancora passata troppo sotto traccia; dal rilancio turistico della prima regione in Italia per presenze e arrivi, ora in difficoltà, alle politiche del lavoro, per evitare, tra le altre, la fuga di migliaia di giovani che cercano fortuna all’estero; e ancora, dalla sanità pubblica alle politiche ambientali ed edilizie… sono tante le sfide che si dovranno affrontare sul campo. Anche a Verona.

Basterà un uomo solo al comando?

Comandare non significa dominare, ma compiere un dovere.(Lucio Anneo Seneca)

 

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