Editoriali | 04 maggio 2022, 08:38

L'editoriale di Pantheon 132

L'editoriale di Pantheon 132

Il 26 aprile scorso si è svolta a Verona l’ultima assemblea ordinaria dei soci di Cattolica Assicurazioni. Come ormai tutti sappiamo, dopo l’entrata a sorpresa, nel giugno del 2020, di Generali nel capitale della società scaligera, con un iniziale 24,4%, è cominciata la scalata, per mezzo di un’Opa (Offerta di pubblico acquisto), del Leone di Trieste nei confronti della compagnia di assicurazioni fondata a Verona nel 1896. Oggi Generali detiene l’84,475% di Cattolica ed ha fatto intendere, senza troppi giri di parole, che sarà prossima una fusione per incorporazione tra le due società. In pratica Cattolica sparirà.

E a dirlo non sono certo io, è la storia di Generali. Il colosso assicurativo ha percorso la stessa strada in precedenza con Ina Assitalia e Toro Assicurazioni, fagocitandole. C’è anche una recente sentenza delle Sezioni Unite civili della Corte di Cassazione, la numero 21970 del 30 luglio 2021, che in sostanza ribadisce il principio di diritto secondo cui “la fusione per incorporazione estingue la società incorporata”.

E quindi? E quindi addio Cattolica Assicurazioni. In un solo colpo vengono cancellati oltre 125 anni di storia, e non una storia qualunque. Dice bene Giulio Fezzi, presidente della veronese Phoenix Capital, dipendente dal 2003 al 2008 di Cattolica e per due anni direttore finanziario della compagnia di assicurazioni scaligera, nell’affermare che, con la prossima fusione, non se ne va solo un’azienda storica del territorio veronese, se ne va un immenso patrimonio relazionale che faceva proprio di Cattolica un unicum in Italia.

L’attaccamento dei veronesi, pardon, dei vecchi veronesi, alla loro compagnia di assicurazioni l’aveva fatta entrare nel DNA di Verona. Cattolica Assicurazioni ha rappresentato decenni un coadiuvante per moltissime attività economiche, sociali e professionali della città. Attorno alla società di Lungadige Cangrande ruotavano migliaia di persone che con Cattolica avevano un minimo comune denominatore.

«Chiedetelo agli agenti, chiedetelo ai dipendenti, chiedetelo ai soci storici cosa ha rappresentato questa realtà. – ha sottolineato Fezzi, intervenuto il 22 aprile scorso alla Settimana Veronese della Finanza, il format economico di Verona Network che dal 2010 ha tentato in tutti i modi di far convergere le principali istituzioni finanziarie veronesi (ex Banco Popolare, Cattolica e Fondazione Cariverona) – Ci si accorgerebbe che Cattolica Assicurazioni, così come l’abbiamo conosciuta, con la sua forma cooperativistica, era un approdo, un punto di riferimento. Non sarà più così. Perdiamo un capitale intangibile di inestimabile valore».

E c’è chi, all’indomani dell’entrata del Leone ha dipinto questa operazione come salvifica. Certo, chi pensa solo alla finanza ha probabilmente ragione: Generali ha fatto un grande affare acquistando a un prezzo banale un piccolo grande gioiello; Cattolica (e qualcuno per essa) si è messa al sicuro, vendendo però l’anima al diavolo.

Il tutto, purtroppo, nell’indifferenza dei veronesi, quelli più giovani. I nostri nonni sarebbero stati più attenti al valore, ai valori che questa società ha portato avanti per più di un secolo. Non siamo stati in grado di difenderla. Ce la siamo fatta scappare.

E qui ha ragione un altro ospite intervenuto il 22 aprile su RadioAdige.tv, Michele Giangrande, dottore commercialista che aveva tentato in tempi non sospetti di creare un’alternativa alla corrente Bedoni: «In fondo, con questa uscita di scena, ci abbiamo perso tutti».

Non lasciarti sfuggire dalle mani ciò che è tuo e nessuno te lo potrà togliere.

Valerio Massimo Manfredi

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