Storie di persone | 01 settembre 2020, 14:22

Albino Barresi: «Se la scuola arranca è perché non le diamo il giusto peso»

Albino Barresi: «Se la scuola arranca è perché non le diamo il giusto peso»

Giorni e settimane di grande agitazione per dirigenti scolastici, professori, alunni e genitori. Sulla ripresa delle scuole dopo l’anno segnato dall’emergenza Covid-19 ci sono ancora tanti punti interrogativi, molti dubbi e altrettante preoccupazioni. A creare tensione ci sono le incognite dei trasporti, della logistica in generale con l’ipotesi dell’entrata scaglionata degli studenti, delle misure sanitarie da osservare e da far rispettare in classe e negli ambienti interni ed esterni della scuola.

Già da tempo, anche a livello locale, si sono formati dei tavoli tecnici con tutte le parti coinvolte per studiare ipotesi e soluzioni sulla base delle indicazioni che arrivano dal Comitato tecnico scientifico nazionale e dal Governo, oltre che dalla Regione. Ai tavoli è presente anche Albino Barresi, dirigente dell’UTS n. VII del Veneto, quello scaligero, al quale ci siamo rivolti a fine agosto per chiarire alcuni punti ancora poco chiari.

Dott. Barresi, iniziamo con una domanda secca: ci sono, a Verona, le condizioni per la riapertura?

Da più di un mese e mezzo riusciamo a vederci ripetutamente con tutti i rappresentanti delle realtà coinvolte: Prefettura, enti locali, sindacati, il nostro Ufficio superiore diretto in modo egregio dalla dott.ssa Carmela Palumbo. Devo premettere che il Veneto è una delle regioni più attive, anche perché ha risentito più di altre l’emergenza coronavirus. Per venire alla sua domanda, dire che abbiamo al cento per cento la situazione sotto controllo sarebbe improprio e improbabile, però abbiamo effettuato un lavoro certosino con tutte le provincie venete coinvolgendo la maggior parte degli attori presenti sul campo, analizzando le situazioni più critiche e dando una scossa per passare in fretta all’azione.

Il 14 settembre si inizia allora.

Salvo qualche situazione particolare, che si conta sulle dita di una mano, ad oggi abbiamo la ragionevole certezza di poter iniziare in una certa maniera in quasi tutte le scuole del territorio.

Perché quasi?

Per il Comune di Verona, ad esempio, abbiamo ancora qualche situazione da risolvere: abbiamo coinvolto il sindaco Federico Sboarina, di concerto con la stessa Palumbo, affinché ci possano essere delle ordinanze comunali che regolino delle situazioni ancora incerte.

Cioè?

Per esempio per regolare l’afflusso dei ragazzi che, qualora non arrivassero in pullman (dove la mascherina è obbligatoria), dovrebbero così indossare i dispositivi a seguito del provvedimento del sindaco, specie nelle aree esterne alla scuola, nei momenti che precedono l’entrata e dove potrebbero crearsi con facilità degli assembramenti. Abbiamo chiesto anche al neo assessore all’Istruzione Maria Daniela Maellare e al Prefetto Donato Cafagna di poter impiegare le persone che ricevono il reddito di cittadinanza per la gestione di tali flussi.

A proposito di pullman, il trasporto sembra essere una delle grandi incognite per la ripresa.

Èvero, è un grande nodo da sciogliere e su questo punto, nonostante ce ne siamo occupati anche noi a livello locale, ad intervenire per un’eventuale indicazione finale è soltanto il Ministero dei Trasporti. Non è pensabile duplicare o triplicare le corse a causa dei posti contingentati a bordo, non ci sono risorse né mezzi. Ci auguriamo arrivino in fretta risposte chiare da Roma così saremo tutti più tranquilli.

Per quanto riguarda le indicazioni sanitarie?

Abbiamo alcuni documenti ufficiali, in primis quello elaborato dall’Istituto superiore di sanità assieme al Ministero della Salute e al Ministero dell’Istruzione, dall’Inail e anche dalle regioni Emilia Romagna e Veneto, datato 21 agosto (Rapporto ISS Covid-19, n. 58/2020) che ci dà numerose indicazioni utili su metodi, procedure e comportamenti che dobbiamo adottare con la ripresa delle lezioni. Oltre a questo c’è anche un altro documento, il cosiddetto Piano per la ripartenza 2020/2021, un protocollo di misure di sicurezza anti-contagio e di contrasto all’epidemia elaborato dall’Ufficio scolastico regionale veneto.

Facciamo un esempio che capiterà di sicuro: un bambino si sente male in classe e presenta alcune linee di febbre, cosa succede?

L’operatore scolastico che si accorge che uno studente sta male e ha la febbre deve avvisare il Referente scolastico per Covid-19, una figura che deve essere nominata obbligatoriamente dal dirigente scolastico, non sanitaria, non medica, ma di collegamento tra la scuola e il Dipartimento di prevenzione. A quel punto l’alunno viene accompagnato in una stanza dedicata, gli viene fatta indossare la mascherina (se maggiore di sei anni) e il referente dovrà chiamare immediatamente i genitori per avvisarli della situazione. A loro volta, i genitori, dovranno avvisare il pediatra o il medico di base per un triage telefonico, i quali, in caso di sospetto Covid, richiederanno tempestivamente al Dipartimento di effettuare il test diagnostico. Sarà proprio il Dipartimento di Prevenzione a seguire il resto dell’iter.

Se lo studente, o l’insegnante – perché potrebbe capitare anche a loro – risultasse positivo, che succede?

Si notifica il caso alla scuola e si avvia la ricerca dei contatti, procedendo al contempo alla sanificazione delle aree interessate.

Ma verrebbe chiusa la scuola?

No, non necessariamente. Sarà sempre il Dipartimento a valutare ogni singola situazione. L’idea è quella di isolare i casi sospetti e dare la giusta dimensione all’eventuale contagio, proprio per garantire una continuità del servizio scolastico per tutti gli altri studenti, naturalmente in piena sicurezza.

Se il bambino o la bambina hanno la febbre già a casa?

Devono rimanere a casa. I genitori devono avvisare il pediatra o il medico e la scuola dell’assenza del figlio o la figlia. Poi si procede come sopra fino a coinvolgere, nell’eventualità, il Dipartimento di Prevenzione.

Chi deve misurare la febbre, il genitore o l’operatore scolastico?

Il Comitato tecnico scientifico su questo punto è chiaro: la misurazione della febbre, da parte dei genitori, non è obbligatoria, ma vivamente consigliata. Dovrebbero essere loro a farla, avendo la consapevolezza che, oggi più che mai, hanno una grande responsabilità nel mandare i figli a scuola.

La responsabilità di un’eventuale omissione della misurazione della febbre e di potenziali contagi a scuola ricade sui dirigenti scolastici?

No, se dimostrano di aver rispettato tutte le misure previste dai documenti e protocolli sopracitati e di aver messo al corrente tutte le parti coinvolte (genitori in primis), anche con della formazione se necessaria, dei rischi che potrebbero verificarsi all’interno dell’ambiente scolastico.

Nuovi banchi. Perché tanto clamore attorno a questo argomento?

I banchi da 60 centimetri, quelli singoli, che potrebbero garantire il giusto distanziamento, sono scomparsi dalla produzione e i tecnici della sicurezza, invece, hanno detto che sarebbero perfetti per risparmiare spazio e garantire il giusto distanziamento fra gli alunni. C’è stata una grande richiesta, e altrettanta confusione, per questo motivo. Devo ammettere che la Provincia di Verona si è data molto da fare per coordinare le varie domande da parte degli istituti scolastici e garantire il corretto approvvigionamento.

A proposito di spazi, nelle scuole veronesi sono garantiti?

C’è qualche istituto in difficoltà, altri che hanno adattato palestre o spazi adibiti fino a ieri ad altro scopo. Il problema reale, però, è che per anni non si è considerata minimamente la manutenzione di queste scuole, subentra quindi un discorso più ampio, strutturale. In pochi mesi si vorrebbero risolvere criticità vecchie di 50 anni.

Un’occasione, questa del Covid, per ripensare la scuola?

Sì, certamente, è un’occasione. Basta che poi fra un anno non ci dimentichiamo di considerare proprio la scuola con il grande valore la grande attenzione che, invece, meriterebbe.

Il Presidente Mattarella il 14 settembre sarà a Vo’ Euganeo, un bel segnale.

Un segnale importante. Bisogna dare l’idea che dobbiamo ripartire e che la scuola deve ripartire. Anche se non sarà tutto perfetto anche se ci sarà di sicuro qualche criticità. Un Paese che non fa ripartire la scuola, è un Paese che non può andare avanti e avere futuro. Questo il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo sa bene.

Ci siamo dimenticati del valore della formazione scolastica?

Vede, nella società del benessere non ci si può preoccupare soltanto dell’aspetto e della cura del corpo, c’è parimenti la necessità di fare crescere lo spirito. E la scuola serve a questo, è un luogo di confronto tra studenti e insegnanti, i quali hanno il compito di tirar fuori le potenzialità dei giovani.

Perché la scuola ha perso la sua leadership?

Perché è lo specchio della società, se la scuola è così, in difficoltà, è perché non gli diamo il giusto peso. È chiaro che viviamo in un contesto complesso, con aspettative anche da parte dei genitori che fino a qualche decennio fa non c’erano, tuttavia la scuola deve continuare a rappresentare un momento serio per tutti.

Non lo è più?

Ho l’impressione che da un po’ di tempo ci sia una confusione di ruoli con intromissioni e ingerenze, sempre più frequenti, ad esempio, nella didattica. Un giovane che cresce deve avere delle certezze, delle ancore di salvezza che sono i principi fondamentali in cui credere e tra questi ci sono la formazione, l’educazione civica, il rispetto delle regole e la scuola è ancora il baluardo di tali principi.

Favorevole alla didattica a distanza?

Alcuni presidi l’hanno apprezzata, altri no, proprio per il fatto che sia stata imposta. È un discorso più che altro psicologico. Penso sia utile, anche se il momento del confronto fisico rimane insostituibile.

Qual è la riflessione che dovremmo farci sul significato ultimo della scuola?

Che dovremmo riappropriarci di alcune conquiste sociali. Pensiamo al welfare, con tutti i limiti. Pensiamo che negli USA i cittadini poveri muoiono perché non si possono garantire le cure. Così come l’istruzione per tutti: è anch’essa una conquista che abbiamo ottenuto, non dobbiamo mai dimenticarlo.

Albino Barresi. Nasce a Villa San Giovanni di Reggio Calabria il 18.10.1962 e risiede a Verona. Dal maggio del 2018 è il Dirigente dell’Ufficio Scolastico Territoriale n.VII del Veneto. Laureato in giurisprudenza presso l’Università Statale di Messina, è abilitato alla professione forense dal 1994 ed ha conseguito Master in Diritto comunitario con tesi discussa: “La privacy nelle istituzioni scolastiche: dalla direttiva comunitaria n. 95/46 al codice sulla privacy (D.l.g.s.196/2003)”.

Avvocato iscritto all’albo dal 1994 al 1996, ha svolto in precedenza, quale vincitore di concorsi pubblici, prima l’attività di docente e poi di dirigente scolastico nella provincia di Reggio Calabria, dove dal 2014 al 2018 ha diretto il Liceo Artistico Statale “Preti-Frangipane”. Dal 1996 al 2018 ha svolto ininterrottamente la funzione di Capo d’Istituto prima e Dirigente Scolastico dopo. Ha accumulato negli anni diverse esperienze formative, di studio e professionali ed ha svolto varie esperienze gestionali, di organizzazione e di formazione per docenti e ATA per conto degli Uffici Scolastici, degli Enti e delle Associazioni professionali. Ha partecipato dal 2014 al 2018 a varie esperienze di scambio culturale nell’ambito dei Progetti Europei ERASMUS PLUS KA2 riferiti alla dispersione scolastica e all’inclusione dei rom (in Romania, Polonia, Portogallo e Grecia).