Storie di persone | 03 settembre 2020, 18:44

Cecilia Gasdia racconta il Festival d’Estate

Cecilia Gasdia racconta il Festival d’Estate

Sappiamo che anche l’Arena di Verona è stata protagonista di un importante cambiamento, con la collocazione del palco al centro dell’anfiteatro. Quali effetti e quali suggestioni ha portato alla rassegna estiva?

«Questo nuovo Festival, straordinario e irripetibile, –  inizia Gasdia –  è nato in un periodo di enorme difficoltà, durante il lock-down; nella realizzazione siamo passati attraverso diversi stadi, abbiamo dapprima cercato di diminuire le recite e infine posticipato la stagione».

Ma il lavoro non si è fermato: «Mentre facevamo questo percorso sulla stagione originale, ne abbiamo iniziato uno alternativo, per essere pronti se fosse stata possibile una ripartenza: abbiamo stabilito di realizzare comunque un progetto per il mese di agosto, sostenibile anche dal punto di vista economico. Con il miglioramento della situazione siamo riusciti a mettere in atto quanto avevamo programmato».

Così Gasdia commenta poi la soluzione di porre il palco al centro dell’anfiteatro: «Penso che la strada del palco centrale fosse l’unica percorribile: si trattava comunque di serate in forma di concerto, tranne la serata del Gianni Schicchi, che si è svolta invece in forma semiscenica, con un’orchestra centrale e il coro posizionato singolarmente, a larghe distanze, in forma ellittica intorno all’orchestra».

«Era sicuramente un progetto ambizioso e anche di difficile realizzazione dal punto di vista artistico: le distanze tra i componenti del Coro e dell’Orchestra potevano anche essere in qualche modo “pericolose” per la buona riuscita dell’esecuzione. Ma a guidare le nostre scelte è sempre stata la salute di lavoratori e pubblico».

Il Sovrintendente esprime poi un giudizio sull’Estate Teatrale da poco conclusa: «Posso dire con grande gioia che il successo di questa stagione è andato molto al di là delle mie più rosee speranze». Diverse le ragioni alla base: «Ha certamente contribuito il bellissimo modo di vedere l’Arena nella sua forma originale, con soltanto un semplicissimo palcoscenico e con tanti giochi di luce. Tra le ragioni dell’interesse anche l’alternarsi di repertori diversi ogni sera, senza repliche degli spettacoli». Ogni settimana, due gli appuntamenti in calendario, undici in totale, uno diverso dall’altro.

Un calendario – racconta Gasdia – con il quale «siamo passati attraverso la storia della musica e attraverso tutti i repertori. Larga parte è stata data al repertorio operistico italiano, ai grandi Verdi, Puccini e Rossini; abbiamo organizzato una serata dedicata a Wagner, che mancava in Arena da tanti anni, abbiamo portato Le Quattro Stagioni».

«Molto emozionante – prosegue il Sovrintendente – il Requiem di Mozart, una serata dedicata alle vittime di questa emergenza sanitaria, con la presenza di tutti i loro familiari. Una serata organizzata in collaborazione con Confindustria, dove l’Arena si è trasformata in una specie di grande chiesa e dove abbiamo provato tantissime emozioni».

Come si è articolato il lavoro di questi mesi, per modificare il cartellone dell’estate 2020 e realizzare il cartellone 2021?

«La stagione del 2021 è esattamente la stagione del 2020, con l’aggiunta di un’inaugurazione con il maestro Riccardo Muti». A 41 anni dalla sua unica apparizione in Arena nel 1980, Muti dirigerà due serate di Aida in forma di concerto.  Spiega Gasdia: «Nel 2021, se non fosse successo tutto questo, era già previsto un nuovo allestimento di Aida, per festeggiare il 150enario della prima, rappresentata a Il Cairo nel 1871».

Tra le aggiunte anche il Requiem di Verdi: «Sempre perché nel 2021 ricorre l’anniversario dei 120 anni dalla morte di Giuseppe Verdi. Tutto il resto – prosegue Gasdia – rimane invariato: gli eventi, la IX Sinfonia, Jonas Kaufmann… La cantante lirica russa Anna Netrebko, che in questa edizione ha fatto lo stesso il concerto originariamente previsto, nella stagione 2021 sarà ospite per tre sere a cantare Turandot».

A fronte di quanto fin qui raccontato, quali “insegnamenti” ritiene di aver appreso per il futuro?

«La situazione che abbiamo vissuto ci ha insegnato a non dare niente per scontato e ad armarsi di coraggio, nervi saldi e lucidità, per affrontare senza paura qualsiasi cosa accada».

E prosegue: «Questa emergenza ci ha insegnato a guardare al futuro con occhi veramente nuovi, cominciando a pensare che molte cose si possono cambiare e a fare anche al Ministero proposte nuove. Non tutto il male vien per nuocere, è stato uno scossone talmente forte che ti fa capire che ciò che in tempi normali non avresti osato neanche pensare di proporre o di realizzare, ora diventa prioritario».

Infine, il Sovrintendente si rivolge ai lavoratori di Fondazione Arena. «Devo dire che tutti i lavoratori della Fondazione si sono comportati veramente bene: ci siamo stretti l’uno con l’altro per affrontare la situazione tutti insieme e compatti».

«Vorrei ringraziare tutti, ma in particolare il Coro, l’Orchestra e i tecnici, che hanno affrontato tutta la parte artistica e si sono sobbarcati, dopo mesi di fermo forzato, di uno studio incredibile, particolare e alacre. Hanno inoltre cantato in una situazione difficilissima, in circolo e a distanze incredibili».

Distanze che, tra un artista e l’altro, poteva raggiungere anche i 200 metri, tanto da non vedersi neppure l’uno con l’altro. «Quella che hanno affrontato – conclude Cecilia Gasdia – è stata una bella sfida, che hanno recepito con grande entusiasmo».