Storie di persone | 04 ottobre 2021, 11:15

Famiglie Storiche, ode all’Amarone

Famiglie Storiche, ode all’Amarone

Il sole che scalda, la luce che filtra tra le foglie, il grappolo che s’impone sui viticci. Poi l’uomo, che, con sapienza e dedizione, raccoglie e trasforma, elevando il frutto a esperienza, ricordo ed emozione, conservati con cura in una bottiglia di vetro. Così nasce il vino e, in Valpolicella, quello più iconico di tutti: l’Amarone. È proprio lui, insieme alle famiglie che da generazioni lo producono, a essere protagonista del docufilm “Le Famiglie Storiche – un racconto sull’Amarone, una narrazione video di recente pubblicazione che dà voce a tredici realtà dell’area valpolicellese.

Sono le cantine Allegrini, Begali, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti, Venturini e Zenato, che formano l’Associazione Famiglie Storiche, nata nel 2009 con il fine di riunire i custodi attivi di un territorio, di un patrimonio consolidato e di un impegno costante nella valorizzazione delle origini e dei valori della Valpolicella.

Alberto Zenato, presidente delle Famiglie Storiche, e Micheal Gasparini, regista che ha prodotto il docufilm, ci hanno raccontato i dettagli di questa produzione e gli obiettivi dell’Associazione.

Presidente, un documentario a più di dieci anni dalla nascita della realtà associativa: perché questa scelta?

(Zenato) Abbiamo deciso di realizzare questo docufilm per spiegare, innanzitutto, la passione che mettiamo nel nostro lavoro, nella produzione di un Amarone di qualità, e l’amore che nutriamo per questo territorio. Il formato video è un modo moderno di comunicare. Al centro de “Le Famiglie Storiche – un racconto sull’Amarone” ci sono le tredici cantine, da grandi a piccole, che costituiscono l’Associazione: si parla delle famiglie, delle tradizioni e dell’abnegazione che trasmettiamo ai nostri figli da generazioni. A chiusura del documentario c’è anche un cenno alla Bottega del vino, ristorante storico nel cuore di Verona che abbiamo rilevato nel 2010 e che oggi è punto di riferimento per i veronesi e per i turisti da tutto il mondo.

Qual è, secondo lei, il segreto del successo dell’Amarone?

Si tratta di un vino che viene prodotto con una particolarità: le uve, infatti, non vengono pigiate subito dopo la raccolta ma vengono sottoposte a un periodo di appassimento che va dai 3 ai 4 mesi, a seconda delle scelte aziendali. Unico dal punto di vista del gusto, degli aromi e della personalità, è strutturato, capace di invecchiare diversi anni: potrebbe sembrare un vino duro per i suoi sedici gradi, perché ha un forte impatto, ma è un prodotto che, come un “guanto di velluto”, mantiene una certa rotondità ed equilibrio.

L’estate è appena trascorsa. Se dovesse fare un rapido bilancio della vendemmia 2021, quali aspetti metterebbe in evidenza?

È stato un anno bello, siamo soddisfatti, l’uva era sana grazie agli interventi fatti durante la stagione estiva. Poi con l’inizio di agosto è cominciato un periodo secco, con delle buone temperature di notte, che hanno consentito di raggiungere un grado zuccherino adeguato e bilanciato con l’acidità. C’è stato un calo di quantità tra il 20 e il 30%, causato in primis dalla primavera fredda e piovosa e anche da qualche grandinata a fine giugno.

Sappiamo che sarete presenti al format speciale di Vinitaly a metà ottobre: quali le anticipazioni e le ulteriori iniziative in programma per l’autunno?

Saremo presenti a Vinitaly Special Edition, in calendario dal 17 al 19 ottobre, con uno stand collettivo da 48 metri quadri in cui presenteremo le nostre bottiglie di Amarone, sia le Tradizionali sia le Riserve e i Cru. Sarà possibile degustare due diverse tipologie di Amarone per famiglia, quindi un totale di ventisei, e poi ci sarà anche uno schermo gigante in cui trasmetteremo il docufilm. La domenica pomeriggio proporremo una masterclass dedicata alle vecchie annate, che faremo assaggiare a opinion leader e giornalisti. A inizio mese organizziamo una masterclass alla Milano Wine Week, e in seguito altre lezioni in una serie di hotel lombardi. Tra novembre e dicembre saremo invece a Roma per il lancio alla stampa, anche estera, del nostro docufilm, in una sala cinematografica.

Entrando nel dettaglio, appunto, del documentario: dottor Gasparini, com’è iniziata la collaborazione con Le Famiglie Storiche?

(Gasparini) L’Associazione stava cercando un regista che realizzasse il docufilm e, per merito di Franco Allegrini, tra i vari candidati sono stato suggerito anche io. Tra le molteplici proposte è stata scelta la mia idea: volevo che il documentario si concentrasse sulle persone, che mettesse in primo piano le famiglie stesse, prima ancora che il territorio. Fare il contrario sarebbe risultato banale e poco innovativo. Mentre giravamo, Sandro Boscaini ha detto: «la tradizione è importante, ma dobbiamo sempre volgere lo sguardo al futuro»; questa sua riflessione esprime proprio quello che abbiamo scelto di sottolineare.

Quanto tempo ha impiegato per realizzare il progetto?

Ci abbiamo messo parecchi mesi, anche perché il lockdown ci ha rallentati molto. I passaggi fondamentali, e anche quelli più impegnativi, sono stati quelli della comunicazione: io proponevo al Presidente Zenato le modalità operative e lui si confrontava con le tredici famiglie. Una volta consolidato questo processo, però, è stato tutto in discesa.

Ha optato per girare le interviste ai vari referenti delle cantine in bianco e nero: qual è il motivo di questa decisione?

Protagoniste sono tutte e tredici le realtà che fanno parte dell’Associazione: a prescindere dalla dimensione delle aziende, volevo far sì che ciascuno fosse sullo stesso piano, perché tutte hanno la stessa rilevanza. Questo è anche il motivo per cui non ho voluto riprendere i soggetti nei loro vigneti, perché ogni sfondo sarebbe stato differente e i colori, talvolta, possono distrarre. Quando lo spettatore vede i personaggi in bianco e nero rispetto alle clip dei paesaggi, invece, si pone delle domande, presta più attenzione a ciò che vede e sente, per cercare di capire il messaggio che l’interlocutore vuole trasmettere e scovare così la magia che si cela dietro di esso: è questo ciò che volevo ottenere.

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