Storie di persone | 06 ottobre 2020, 12:42

La Valpantena, un valle da valorizzare. Il racconto di Nicoletta Morbioli

La Valpantena, un valle da valorizzare. Il racconto di Nicoletta Morbioli

Se c’è una persona che ama profondamente la Valpantena e la rappresenta con orgoglio ovunque, questa è Nicoletta Morbioli. Già insegnante alle elementari a Grezzana, dirigente dell’Istituto 16 Valpantena e attuale dirigente del CPIA Centro Provinciale Istruzione Adulti, racconta questa vallata e i fatti importanti che l’hanno portata sotto i riflettori, ottenendo riconoscimenti. 

La Valpantena - specie in questi ultimi 25 anni – resta schiacciata tra la Valpolicella e la Val d’Illasi. Non ha politici di spicco che la rappresentano e i giovani sono o troppo impegnati, o poco stimolati (di certo  poco uniti), per valorizzarla come si meriterebbe. 

Credo che Nicoletta i sia uno di questi “scampoli”. Il suo ultimo intervento, un racconto dal titolo «Traditi al telefono», è stato scelto per essere inserito nell’Antologia «Il Telefono» – edizione 2020 – che sarà pubblicata in Versilia dalla casa editrice Del Bucchia, in memoria di Arnaldo Giovanetti, a cui è dedicato il premio letterario. Il telefono, nelle sue svariate funzioni:  spinta principale al progresso tecnologico, barriera (ovvero ostacolo alla comunicazione diretta o muro dietro il quale nascondersi), strumento di lavoro specie per gli operatori di call center. 

Il racconto – romanzato – riporta un fatto realmente accaduto in Valpantena: il rapimento della piccola Patrizia Tacchella. Era il 30 gennaio 1990 e la giornata era nebbiosa. La ragazzina di 8 anni giocava in cortile, come era consuetudine a quell’epoca. Il desiderio della merendina e il consenso della mamma; il negozio era al di là della strada. «233 passi» dalla porta di casa, che Patrizia non riuscì a fare: l’orco l’attendeva.  

Nicoletta, pur non scendendo nei tanti dettagli di quel drammatico rapimento, descrive modi di vivere e un ambiente che sembrano lontani nel tempo. Descrive Stallavena come «un paese chiuso in una gola tra i monti Lessini, mangiati dalla cave di marmo è tagliato a metà dalla strada provinciale stretta e piena di traffico». Mentre dall’altro lato è aperto ad una vita semplice: i bambini che giocano nel cortile, le persone che si conoscono tutte e per loro è naturale osservare «personaggi e macchine strane». Al succedere della tragedia, si sono tutti svegliati, hanno scoperto la sensibilità e la solidarietà: si unirono direttamente o indirettamente nelle fasi di ricerca. Pagine e pagine di giornali locali e nazionali, radio, televisione: tutti in prima linea in interviste e in attesa. La piccola Patrizia, per lunghi 77 giorni, era diventata figlia dell’intera comunità di Stallavena, di Grezzana e di Verona. Nessuno si è voltato dall’altra parte.

Nel racconto Nicoletta assume il ruolo di capo ispettore e si intrufola nella vita delle persone che «hanno visto» e si dichiarano «a disposizione», contente, a volte fiere di poter sentirsi, in qualche modo, utili nella ricerca. Ed è anche grazie a queste differenti versioni dei fatti che le forze dell’ordine, mettendole insieme come tessere in un mosaico, arrivarono a trovare, il 17 aprile, a Santa Margherita Ligure la piccola Patrizia. 

Oggi? La privacy, il telefonino e infine il Coronavirus hanno cambiato il modo di vivere. Anche in un comune di medie dimensioni, come quello di Grezzana (nemmeno 11mila persone), ci si conosce poco e si è più propensi a “tirare diritto”.  Resta vivo   il desiderio di un ritorno ad una sana socializzazione è vivo, così come quello che finisca presto questo periodo in cui bastano e avanzano  “buon giorno” e “buona sera”.