Come lo scolture osserva un masso e immagina una scultura, così l’alpinista: guarda una parete, traccia idealmente una linea da percorrere, intravvede la possibilità di salita. Nelle fatiche dell’alpinismo c’è molto di più di ciò che si riesce a immaginare: la conquista di un’altezza è un viaggio a tappe, fisico ma soprattutto interiore, che Nicola Tondini ha voluto raccontare con parole e immagini nel docufilm Non abbiate paura di sognare.
La tenacia appartiene a Tondini: guida
alpina dal 1997 e formatore di guide alpine dal 2001, si è formato alle imprese
sulle grandi pareti dolomitiche nella palestra naturale della Valdadige. Con la
Lessinia da una parte, il Monte Baldo, dall’altra: laboratorio verticale nel quale
tuttora si allena. Dalle falesie della montagna veronese è passato alle
Dolomiti, sua passione. A parte qualche scorcio scaligero, infatti, il film è
stato girato perlopiù in Val Badia. E legate, mente e cuore, alle Alpi
orientali sono le tre icone dell’alpinismo intervistate: Reinhold Messner,
Christoph Hainz e Hansjorg Auer (purtroppo vittima di un incidente mortale
accaduto questa primavera in Canada, ndr).
Cinquanta minuti di riprese mozzafiato
effettuate con un drone e direttamente sulla parete sud-ovest della cima
Scotoni, a 750 metri d’altezza, per mostrare la prospettiva reale di chi si
impegna per aprire una nuova via, rendendola accessibile ad altri
arrampicatori. Per ringraziare la natura della sua bellezza sconfinata. Per
ricordare che, davanti ai problemi, bisogna stringere ancor più forte tra le
mani le speranze. E proseguire.
«Il docufilm è stato pensato nel 2017,
ragionando sui contenuti e facendo le prime riprese per avere chiaro che cosa
potevamo realizzare», chiarisce il quarantaseienne, affiancato in
quest’avventura dal rocciatore e imprenditore Sergio Rocca assieme a due
cameraman scalatori, tra cui Klaus Dell'Orto che ha siglato la regia. L’idea è
affiorata nel 2016 quando Tondini era concentrato sull’apertura della nuova
via: «Volevo usare questa salita, un livello difficilissimo di arrampicata
affrontato senza l’uso di mezzi artificiali, come pretesto per raccontare il
mio modo di essere alpinista che ricerca l’avventura. Per mostrare che
l’alpinismo moderno non è soltanto impresa estrema, ma è legato alla storia e
al rispetto della natura, da preservare intatta. Non a caso il film inizia con
una frase: «Abbiamo un patrimonio di bellezze nelle Dolomiti e il nostro compito
è salvaguardarle».
Su una parete dolomitica non si è così
distanti dall’affrontare la vita di ogni giorno: «Nella nostra scalata abbiamo
avuto spesso insuccessi e cadute. Accade pure nella quotidianità, quando si ha
un obiettivo e sembra difficile da raggiungere. Si può essere sconfitti e
rinunciare o ci si può rialzare e rimettersi in gioco. Bisogna lasciare tempo
al tempo».
Emozioni, ispirazioni, pensieri hanno
creato un amalgama con le immagini. Con un finale che vuole essere positivo e
lasciare traccia di speranza: «Non abbiate paura di sognare – conclude –. Se si
desidera raggiungere un obiettivo, se si ha un sogno, non si deve avere timore
di fallire. Le avventure alpinistiche portano le persone a vivere a 360 gradi:
con preparazione tecnica e mentale, ma coltivando anche quella dimensione
spirituale che non fa guardare esclusivamente al successo dell’impresa. Spinge
a osservare cosa c’è oltre». Porta a volgere lo sguardo più in altro, verso la
cima da raggiungere. Lassù.
Presentato al Trento Film Festival in anteprima, il docufilm sarà proiettato a settembre al Cinema K2 e parteciperà ad altre rassegne cinematografiche nazionali e internazionali.