Storie di persone | 04 ottobre 2021, 17:31

Una voce che incanta: il baritono veronese Simone Piazzola si racconta

Una voce che incanta: il baritono veronese Simone Piazzola si racconta

Simone, quando ha scoperto che l’opera lirica era speciale per lei?

Le racconto un aneddoto: da piccolo ero un bambino molto agitato, quindi mia madre, quando avevo circa tre anni, stanca di vedermi correre per la casa a combinare guai, mi prese in braccio e mi disse «adesso basta»: prese il telecomando e si sintonizzò su un canale in cui stava andando in onda un programma con una carrellata di trasmissioni del passato; vidi Raffaella Carrà, che con Mario Del Monaco cantava “Un amore così grande”. Dopo aver sentito quella voce, mia mamma mi raccontò che mi calmai subito e, ascoltandolo per tutto il tempo, mi addormentai. Da allora mia madre mi fece sempre ascoltare musica d’opera, perché aveva capito che mi piaceva e mi rilassava. La voce di Mario Del Monaco, in particolare, mi donava una tranquillità incredibile. Tutt’oggi mi fa lo stesso effetto: non posso ascoltarlo quando guido, perché mi dà un senso di pace senza eguali (ride, ndr).

Qual è stato il suo rapporto con la scena lirica veronese?

La prima opera che a cui ho assistito dal vivo è stata l’“Elisir d’amore” al Teatro Filarmonico, poi nel 2009 ho debuttato in Arena con Placido Domingo, nel Gala per i 40 anni di carriera del Maestro. Da lì è nata la collaborazione con il teatro areniano, che dura fino a oggi: quest’anno, per esempio, ho cantato tre recite della Traviata e tre di Aida, l’anno precedente invece avevo partecipato al concerto tributo per i medici e gli operatori in prima linea nella lotta alla pandemia.

Ci sono dei ruoli che hanno avuto un significato particolarmente importante per la sua carriera?

Il ruolo che mi ha reso famoso nel mondo e che ho interpreto davvero in innumerevoli Paesi, dalla Cina al Giappone, passando per l’America, è stato quello di Giorgio Germont nella Traviata: l’ho cantato in ben 185 recite. A 36 anni direi che posso considerarlo un bellissimo traguardo. L’exploit, però, è avvenuto con il personaggio di Simon Boccanegra, che cantai alla Fenice nel 2014. Un ruolo chiave nel mio percorso è in qualche modo collegato a un episodio accaduto nel 2008, quando persi mia madre tra le mie braccia: è stato un momento che mi ha segnato nel profondo e che mi ha lasciato un’eredità emotiva importante. Quando interpretai quel personaggio, che necessita di una certa maturità, io riflettei i sentimenti e il ricordo di quanto mia madre mi raccontò nel suo trapassare questa vita. La porto dentro di me come se fosse il suo ultimo dono, prima di lasciarmi. 

Cosa ha provato, quest’anno, a tornare a esibirsi dal vivo?

È stato meraviglioso tornare a vivere l’emozione del pubblico in presenza in Arena. Nel 2020 tutto si era svolto in maniera molto ridotta, con numerosi eventi in streaming; noi cantanti abbiamo bisogno di carpire l’energia del pubblico, che è ineguagliabile. Faccio i miei più grandi complimenti a Fondazione Arena e al Sovrintendente Gasdia per il lavoro svolto e la capacità di portare un programma così interessante come quello di questa edizione.

Dopo gli appuntamenti all’Opéra Royal de Wallonie di Liegi dal 16 settembre al 1 ottobre, in cui il baritono ha vestito i panni di Don Carlo Vargas ne “La Forza del destino” di Giuseppe Verdi, il prossimo impegno di Simone Piazzola sarà nel ruolo di Ford, diretto da Sir John Eliot Gardiner, in “Falstaff” di Giuseppe Verdi, al Teatro del Maggio Musicale Fiorentino, venerdì 19 novembre. Infine, per chi volesse vivere un Capodanno all’insegna della lirica, il cantante si esibirà ne La Traviata di Verdi a Padova il 31 dicembre.