Storie del territorio | 07 marzo 2019, 11:17

Donne, in cosa sperare

Donne, in cosa sperare

Non in una nuova categoria del WWF, per cominciare. E neppure nelle tante, troppo pretestuose battaglie di forma che mendicano un significato modaiolo di prospettiva breve. Le donne di oggi (parliamo del nostro Occidente, ovviamente) hanno meno bisogno di gadget, di libri per bambine ribelli, di opuscoli sulla loro forza interiore.

Conciliazione reale, e non un miraggio predicato e razzolato come sappiamo. A parità di responsabilità, parità di compensi (non è così scontato come si pensa in un’Italia che su 140 Paesi del mondo è al 126esimo posto per parità di trattamento economico, The Global Gender Gap Report 2018). Meno ricatti professionali, demansionamenti che si riducono a servilismi perché la completezza di un’esistenza non può germogliare su sbilanciamenti di sfere o innestarsi su quelle così note congiunzioni disgiuntive, di appannaggio ancora femminile, «o carriera o famiglia». Vere, benedette reti sociali di supporto alla maternità e alla paternità. Aggiornamenti culturali sul fronte del percepito maschile, condannato ad essere l’eterno, principale, unico provider della famiglia, con lo stress millenario e sommerso che ne consegue.

Nel 2030 (ovvero data limite che si sono dati i leader del mondo per raggiugere l’equilibrio di genere nella rappresentanza politica) c’è da sperare in meno gente distratta che, alla qualifica, sudata come se la sono sudati gli altri, si permetta di aggiungere a piacimento la mortificazione di appellativi che rinchiudono in ghetti «unica donna, prima donna, donna». Ci auguriamo che, nel 2030 non serva più redigere rigogliosi elenchi femminili di esemplari che «ce l’hanno fatta. Ecco, visto che si può?». Piuttosto speriamo di poter leggere, un giorno, solo inventari di gente che ha stravolto il mondo con la sua competenza, senza legittimazioni di genere, da un senso e dall’altro.

«Non me lo devono proprio dire che sono il “primo questore donna”. Chi pensa di fare un favore alle donne chiarendo questi aspetti, in realtà fa sessismo. Distingue» così ha tagliato corto Ivana Petricca il giorno in cui si è insediata nella questura scaligera, quando, con una certa banalità di pensiero, è stata presentata come «la prima donna questore di Verona (e del Veneto)». Lei e le altre che leggerete qui non sono tutte, non sono la sintesi di niente. Sono esempi puri, di donne che quando sono al lavoro si guadagnano la stima come si guadagna la stima, ovvero lavorando bene. Sono lontane anni luce dal bigottismo femminista che tanto margine regala, facendo finta di non saperlo, alla dicotomia di genere dalla quale grida di volersi affrancare. Loro hanno saputo occupare il loro posto. E guardarle starci senza inneggiare alla conquista, se non a quella personale e di merito, quanto insegna a tutti noi.

 

IVANA PETRICCA, Questore di Verona

Nata nel 1960 ad Anticoli Corrado, in provincia di Roma, laurea in Giurisprudenza, già direttore dell’ufficio studio e programmi al dipartimento di pubblica sicurezza a Roma, poi questore a Pavia, Petricca è a capo della Questura veronese dal novembre del 2017.

ANTONELLA MAGARAGGIA, Presidente del Tribunale di Verona

Nata a Belluno, nel 1959, a 25 anni è entrata in magistratura. La sua carriera è iniziata alla Pretura mandamentale di Adria ed è proseguita alla Pretura penale e civile di Venezia. È stata poi giudice istruttore civile al Tribunale di Venezia, giudice del Tribunale dei Minorenni di Venezia, presidente della seconda sezione al Tribunale civile di Venezia. Dal luglio del 2016 è Presidente del Tribunale di Verona.

ANGELA BARBAGLIO, Procuratore della Repubblica di Verona

Nata a Treviso nel 1951, dopo 40 anni nella magistratura, nel maggio del 2017 Barbaglio è salita al vertice dell’ufficio giudiziario scaligero. Nella sua carriera a Verona, Angela Barbaglio ha seguito da pubblico ministero molte inchieste importanti, tra le quali, nel 1990, quella sul rapimento di Patrizia Tacchella, e quella sulla tragica morte di Monica Zanotti, uccisa (1993) da un sasso lanciato da un cavalcavia.

PERLA STANCARI, ex Prefetto e ora Presidente della Croce Verde

Dopo essere stata Prefetto di Verona dal 2009 al 2015 (durante il suo mandato ha emanato 7 misure interdittive antimafia), nell’ottobre del 2017 è diventata presidente della Croce Verde. Stancari si era già “provata” nei contesti emergenziali: durante l’alluvione del 2010, su designazione del presidente del consiglio, ha svolto le funzioni di commissario delegato in sostituzione del presidente della Regione Veneto per il superamento della situazione di criticità regionale.

MARIAGRAZIA BREGOLI, Direttore dell’Istituto penitenziario di Montorio

Nata nel 1961, nel 1988 si laurea in Giurisprudenza a Parma. Dal febbraio del 2012 è la Direttrice della Casa Circondariale di Montorio.

FRANCESCA ROSSI, Direttore dei musei civici

Dal dicembre del 2017 è lei alla testa del polo museale veronese (il che comprende tutti i musei d’arte, i monumenti, la Galleria d’arte moderna e il museo di Storia naturale). La Rossi, storica dell’arte, è stata responsabile dell’ufficio Coordinamento progetti culturali e artistici dell’area Castello Sforzesco, Musei archeologici e musei storici del Comune di Milano.

CSS Verona, squadra di Pallanuoto femminile in serie A

Ha ricevuto il premio Cangrande per il merito sportivo questa squadra di pallanuoto femminile che per la prima volta nella sua storia sta giocando in A1, massima serie per la Pallanuoto femminile italiana. “Di stanza” alle Piscine Monte Bianco, la squadra vede come capitana Giorgia Prandini.

L’INCONTRO:

Promuovere la cultura della legalità, anche ma non solo, nel segno del femminile: questo il tema che guida la tavola rotonda organizzata per la mattina dell’8 marzo, dalle 9 alle 12.30, alla Loggia Frà Giocondo. Le relatrici saranno Antonella Magaraggia, Presidente del Tribunale di Verona, Angela Barbaglio, Procuratore della Repubblica di Verona, Ivana Petricca, Questore di Verona e Mariagrazia Bregoli, Direttore dell’Istituto penitenziario di Montorio.