Storie del territorio | 13 marzo 2021, 17:35

La Lessinia nel cuore e nei progetti, in ricordo dell'architetto Oreste Valdinoci

La Lessinia nel cuore e nei progetti, in ricordo dell'architetto Oreste Valdinoci

Gli Architetti di Verona dedicano un sentito omaggio all'architetto Oreste Valdinoci, sensibile e acuto interprete del paesaggio lessinico, recentemente scomparso.

«Un architetto poliedrico, come lo furono molti colleghi nel fecondo dopoguerra: quella prima generazione di architetti di buona scuola che – numericamente in pochi – si ritrovarono ad operare attivamente su molteplici settori. Amante di Verona e della Lessinia, con il suo “Piano del Parco della Lessinia” ha plasticamente rappresentato la sua passione per l’architettura del paesaggio e per la montagna. Libero Cecchini, Luigi Calcagni e Oreste Valdinoci: in meno di un anno ci hanno lasciato tre figure di architetti che, ciascuno con le proprie specificità, sono state per la città di Verona e per la professione Maestri, punti di riferimento e innovatori». Amedeo Margotto, presidente dell’Ordine degli Architetti CPP della Provincia di Verona, così la figura di Oreste Valdinoci, architetto classe 1927 mancato nelle scorse settimane e, per molti anni (dal 1963 al 1965 e poi dal 1967 al 1983) Segretario dell’Ordine, quindi Presidente dal 1983 al 1984.

Fine interprete del paesaggio naturale, Oreste Valdinoci fu anche docente di una generazione di geometri e futuri ingegneri e architetti. Bolognese di nascita, arrivò a Verona da sfollato durante la guerra e qui rimase, con la mamma, dopo i primi studi al Politecnico di Milano e la laurea conseguita allo IUAV di Venezia negli anni 1955-1956. Alle spalle gli studi del liceo artistico, di cui coltivò la passione per la pittura: fino alla fine continuò, infatti, a dipingere piccoli acquerelli, molti con scorci di contrade della Lessinia.

Giovane architetto, cominciò l’attività professionale nello Studio dell’architetto Gelindo Giacomello: qui, probabilmente, ha respirato quella delicatezza per l’ “l’architettura dello spazio sacro” che, rielaborata con fine originalità, lo ha portato ad essere precursore di quella sensibilità in ambito liturgico che anche architettonicamente troverà poi una codifica ufficiale dieci anni dopo con la pubblicazione della nota pastorale sulla progettazione delle nuove chiese e sull’adeguamento della forma liturgica rispettivamente nel 1993 e nel 1996.

Tra i suoi progetti, si ricordano quello, nel 1967, della Chiesa del Buon Pastore a San Giovanni Lupatoto, nel 1968-1969 l'impegno nell’adeguamento della Chiesa di Santo Stefano a Verona con la sistemazione dell’area presbiterale e nel 1972 l'attività progettuale per la Chiesa di Menà di Castagnaro. Oltre a questi, Valdinoci prestò la sua sensibilità anche per l'adeguamento liturgico della Cattedrale di Verona, il primo allestimento del Museo canonicale scaligero e, soprattutto, per coordinare e stendere, negli anni 1991-1992, il primo Piano del Parco della Lessinia e il Piano Malghe con una mappatura delle 300 malghe esistenti. Una vera e propria passione per la Lessinia, di cui divenne progettista, “cantore”, fotografo e interprete per quella innata e coltivata passione per il paesaggio (di cui utilizzò la tipica pietra) e la montagna che lo portò ad essere un accademico del Gruppo Italiano degli Scrittori di Montagna (GISM).

«Progetti, quelli di ambito sacro, che scontano il tempo in cui sono state costruiti - ricorda il figlio Massimiliano Valdinoci, architetto, già Direttore dell’Accademia delle Belle Arti di Verona, dove ancora oggi è docente e, come il padre, anche lui membro della Commissione di Arte Sacra della Diocesi di Verona - ma che fanno trasparire una sensibilità matura in ambito liturgico. Insieme alla cattedrale di Lodi, l’adeguamento liturgico del Duomo di Verona era stato considerato uno degli interventi più equilibrati anche per il rispetto dell’esistente nell’utilizzo dei materiali e delle cromie. Oggi faremmo scelte diverse, ma per quegli anni il loro progetto ha effettivamente rappresentato un momento di passaggio: basti pensare che dieci anni dopo veniva istituito l’Ufficio nazionale Beni culturali con cui sono state avviate riflessioni più ampie ed articolate sul tema architettura e liturgia».

Membro dell’Accademia della Lessinia e del Laboratorium Cimbricum - l’associazione che si occupa dal 1974 della tutela della lingua e cultura Cimbra della Lessinia - si deve a lui, il primo allestimento del Museo dei fossili di Bolca. Ha collaborato lungamente con la storica redazione di “La Lessinia. Ieri, Oggi, Domani”; è stato nella redazione della Rivista dell’Associazione Giovane Montagna di Verona di cui condivideva ideali – già membro della FUCI veronese di quegli anni, insieme agli amici Ongarelli e Benciolini – e la passione per la montagna.

Alla Lessinia dedicò anche tre libri: "Lessinia. Viaggio alla ricerca di qualcosa che scompare" del 2005; "Passi nel silenzio. Cammino sulle tracce del lavoro e della storia", del 2009, scritto a quattro mani con Micaela Voltan, fotografa e appassionata di architettura del paesaggio. Più di una guida escursionistica (con tanto di mappe disegnate dallo stesso Oreste) il testo vuole suscitare un cammino interiore, ripercorrendo il paesaggio di quanti hanno già vissuto; infine, nel 2011, "Due montagne, una valle. Il monte Baldo e la Lessinia in provincia di Verona", co-autrice sempre la Voltan.

Fu a lungo docente di Scienze delle Costruzioni nel triennio all’Istituto per Geometri Cangrande di Verona, di cui seguì anche l’ampliamento della struttura. Suo anche il progetto delle scuole medie di Grezzana.