Storie del territorio | 20 febbraio 2014, 17:00

Salute e Benessere: attenzione alle verruche

Le verruche sono un problema che ha afflitto l’uomo dai tempi più antichi. Anche oggi, solitamente in luoghi molto frequentati come docce, palestre e piscine, dove il clima caldo e umido favorisce la sopravvivenza del virus in forma attiva, è possibile che si presentino in modo più o meno evidente sul alcune parti più sensibili del nostro corspo.

Le verruche sono formazioni cutanee indotte dal virus del papilloma umano (HPV). A tutt’oggi sono stati individuati oltre 120 genotipi di HPV, classificati in base al loro tropismo tissutale (cute o mucose) ed al loro potenziale oncogeno.

La prevalenza delle verruche cutanee è valutata intorno al 7-10 % della popolazione generale, in netto aumento da due-tre decenni. I bambini in età scolare ed i giovani adulti costituiscono il principale serbatoio del virus; il picco viene raggiunto nella fascia di età tra i 10 e i 15 anni. La tipologia di più comune riscontro è quella delle verruche volgari (circa il 70% del totale); seguono le verruche palmo-plantari e le verruche piane.

Il contagio avviene per contatto superficiale (il virus quindi rimane confinato nella pelle e non è presente nel sangue). Mancando queste condizioni ambientali il virus non sopravvive a lungo al di fuori della cute. Le verruche possono svilupparsi in qualunque zona del corpo, ma interessano in maniera preferenziale alcune aree come le mani, i piedi, i gomiti e le ginocchia che, essendo soggette a frequente traumatismo meccanico e contatto con l'ambiente esterno, presentano delle microlesioni di cui il virus può approfittare.

Alcune categorie professionali (macellai, veterinari, pescivendoli, addetti alla macellazione) sono esposti a un maggior rischio. Alcuni particolari genotipi di HPV colpiscono in maniera preferenziale le mucose, soprattutto quelle della zona ano-genitale, dando luogo alle verruche genitali, altrimenti note come condilomi. I condilomi si trasmettono prevalentemente con i rapporti sessuali. Vi sono altri fattori che influiscono sulla possibilità di contrarre l'infezione virale quali la predisposizione genetica, la capacità della pelle di resistere all’infezione e soprattutto lo stato di salute del sistema immunitario.

I pazienti immunodepressi, come ad esempio i trapiantati, sono particolarmente a rischio.

Clinicamente a livello cutaneo vi sono tre differenti tipi di verruche:

• verruche comuni o volgari: papule o noduli esofitici, verrucosi, di grandezza variabile e di forma rotondeggiante (Fig. 2 e Fig. 3). Solitamente l’agente eziologico coinvolto in questa forma di verruche è HPV-2;

• Verruche palmari e plantari: si presentano sottoforma di lesioni incassate nella cute, solitamente nelle aree in cui viene esercitata una maggiore pressione; sono spesso assai dolenti alla pressione (Fig. 4). I virus maggiormente implicati nella forme palmo-plantari sono HPV-1, HPV-2, HPV-4.

• Verruche piane: piccole papule leggermente rilevate localizzate preferenzialmente al dorso delle mani, alle braccia, al volto, spesso con una disposizione lineare. Gli agenti eziologici riscontrati sono solitamente HPV-3, HPV-10.

Le verruche sono facilmente diagnosticabili nella maggior parte dei casi.

I trattamenti per i quali esiste una buona evidenza scientifica di efficacia sono principalmente i seguenti:

- i preparati cheratolitici a base di acido salicilico, acido lattico, collodio elastico o combinazione dei tre. La soluzione o l’unguento va applicato con cura e pazienza per alcune settimane rimuovendo periodicamente gli strati più superificiali;

- la crioterapia consiste nel congelamento della verruca tramite azoto liquido, che viene applicato localmente in forma nebulizzata con una bomboletta spray. Sono spesso necessari trattamenti multipli e l’applicazione è leggermente dolorosa;

- la diatermocolaguazione e laser CO2 con richiede anestesia locale;

- l’asportazione chirurgica che prevede l'asportazione chirurgica della lesione;

- altri trattamenti che in genere si riservano a casi resistenti includono l’utilizzo di 5-fluorouracile topico, la bleomicina intralesionale, interferone intralesionale, cidofovir 3% e la terapia fotodinamica con acido amino-levulinico.

Giovanna Pirana