Storie del territorio | 18 novembre 2019, 18:15

A scuola sì ma senza zaino

A scuola sì ma senza zaino

La scuola? Senza zaino è più bella. Sono gli alunni della primaria di Velo Veronese a descrivere con il loro entusiasmo la visione e le pratiche didattiche che caratterizzano la “Scuola senza zaino”, modello che dalla Toscana è stato trasferito in Lessinia. Così, da settembre, sono tre i plessi dell’Istituto comprensivo di Bosco Chiesanuova – a Velo si aggiungono Bosco ed Erbezzo – nei quali gli studenti entrano in classe “più leggeri”.
Il segreto non è nella leggerezza, né tantomeno nel non avere compiti per casa o libri sui quali studiare (quelli per ora rimangono). È piuttosto nelle modalità che prevedono ospitalità, responsabilità, organizzazione: «A partire dalle aule che sono state ripensate per essere accoglienti», esordisce la coordinatrice dell’offerta formativa, Maria Teresa Erbisti, affiancata nell’insegnamento da altri docenti appositamente formati (Roberta Castagna, Milena Brunelli, Elena Bonato, Nicolò Vedovi; Lorella Paggi per inglese e Mirela Bulai per religione).
Per le cinque classi e i 54 alunni di Velo niente banchi singoli in file allineate, ma grandi tavoli sui quali condividere conoscenze, esperienze e responsabilità. Capienti scaffalature accolgono volumi e quaderni. Aree con tavolini sono allestite con materiale didattico per l’apprendimento di italiano e matematica con dadi numerati, palette con tabelline o declinazioni dei verbi. Nessun astuccio ma penne e pennarelli da usare in condivisione. Le pareti sono decorate da cartelloni colorati e non manca la lavagna. Insomma: «C’è tutto ciò che serve. E dev’essere trattato con cura», sottolinea l’insegnante, precisando che ci vorrà qualche anno prima che il sistema entri a regime. Il resto si fa studiando ed esercitandosi nelle diverse materie: «Insieme ci si aiuta, si lavora in gruppo e… c’è meno peso da portare», testimoniano le voci dei piccoli studenti. Non resta allora che seguirli in una mattinata di scuola.
Al suono della prima campanella sono tutti seduti in cerchio nell’Agorà: «È lo spazio della comunità in cui ci raccontiamo come stiamo e com’è iniziata la giornata, facciamo il giuramento di amicizia, a volte leggiamo e l’insegnante illustra cosa prevede il programma per le ore successive». Le attività si spostano sui tavoloni, con gli studenti suddivisi in gruppi: parola d’ordine collaborazione con un responsabile che a turno ha il compito di controllare che ogni cosa si svolga correttamente. C’è chi pensa al datario, chi a presenze e assenze, chi a dare acqua alle piante. Protagonisti in prima persona sono gli alunni. Osservati, ovviamente, dall’occhio vigile delle maestre che portano avanti la programmazione ministeriale.


La comunicazione talvolta viene stimolata con cartellini che trasferiscono, per iscritto e con una emoticon, dei messaggi: per esempio «silenzio» o «ottimo lavoro». Anche questo serve a sviluppare la consapevolezza di quanto è stato svolto e a mobilitare le risorse interiori. Perché per diventare adulti bisogna sentire la voglia di esplorare la realtà, farsi artefici del proprio destino e intervenire nelle situazioni.
«Noi insegnanti siamo rimasti subito affascinati da questo approccio che punta su autonomia e responsabilizzazione. I genitori si sono fidati: la loro presenza e collaborazione è fondamentale per creare una scuola di comunità», chiarisce Erbisti, precisando che l’Istituto di Bosco è parte di una rete nazionale che mantiene il dialogo tra tutte le scuole. Al suono dell’ultima campanella, è tempo di tornare a casa. Dagli scaffali si prendono diari e quaderni che serviranno per fare i compiti. E lo zaino, adesso sì, può essere messo sulle spalle. Ma con quanta leggerezza!