Storie del territorio | 16 settembre 2020, 11:02

Come sarà la fisioterapia di domani

Come sarà la fisioterapia di domani

Contribuire alla formazione dei fisioterapisti di oggi e domani, con un approccio al paziente attento non soltanto ai segnali del corpo, ma a quelli della mente. È una sorta di rivoluzione culturale, declinata però nell’ambito della scienza e supportata dalle tecnologie, quella portata avanti da FisioScience, progetto nato tra i banchi dell’ateneo scaligero dall’intuizione di due giovani veronesi: il venticinquenne Niccolò Ramponi e il ventiduenne Paolo Torneri, entrambi fisioterapisti, affiancati poi dai colleghi Valerio Barbari, Stefano Diprè e Giandomenico Campardo. 

«In principio si trattava di un blog di divulgazione scientifica», esordisce Ramponi che nel 2016, quand’era ancora studente, ha iniziato a pubblicare i primi contributi su una pagina Facebook dedicata. Due anni dopo è stato creato il portale FisioScience (fisioscience.it), che attualmente riunisce in una community 30 collaboratori in tutta Italia: punto di riferimento per la divulgazione scientifica in fisioterapia sui social network. E non solo: «A partire dallo scorso novembre abbiamo organizzato corsi di formazione, prima in presenza e durante la pandemia in modalità online, in collaborazione con docenti universitari», prosegue. In parallelo si è concretizzata l’iniziativa FisioScience University, con workshop in streaming (in attesa di tornare fisicamente in aula) tenuti dal team di FisioScience che ha fatto tappa in varie università italiane: a Vicenza, sede staccata di Verona; Pavia, Cagliari, Torino e al Politecnico Marche. «Inoltre, traducendo il materiale formativo in inglese, grazie a un nostro collaboratore che lavora a Londra, Davide Lanfranco, abbiamo sviluppato FisioScience International che prevede corsi di formazione e seminari su internet. Di recente, un nostro webinar ha coinvolto 300 studenti del Pakistan», puntualizza. Un’altra collaborazione coinvolge l’Albania, a dimostrazione dell’orizzonte raggiunto dal progetto che ha permesso di formare tra novembre e luglio 600 fisioterapisti. 

Non è solamente questione di geografie, perché le ricadute sono in realtà ben più ampie: «Alla base della nostra iniziativa vi è la volontà di superare con una visione moderna la fisioterapia classica, che è ancora troppo legata a credenze non scientifiche e a concetti non correlati, per esempio, alla partecipazione attiva del paziente al trattamento, ma più alla parte manuale, quindi al massaggio o alle manipolazioni. Il fisioterapista deve avere uno sguardo globale sulla persona dal punto di vista educativo, deve creare con il paziente una relazione stretta e spiegare cosa deve fare per affrontare il suo problema, anche con l’esercizio fisico», precisa.

Tra le tematiche affrontate, approfondimenti specifici riguardano il trattamento del dolore cronico da un punto di vista globale e inteso come sintomo di qualcosa di più profondo; la riabilitazione del runner e l’allenamento della forza in fisioterapia, considerando pure il soggetto che non pratica molta attività fisica. Insieme di conoscenze che permettono al fisioterapista di intervenire su problematiche di carattere muscolo-scheletrico: «Dall’infortunio durante lo sport all’impiegato con male al collo fino all’operaio con dolore alla schiena da anni, che può essere aiutato con una serie di esercizi a migliorare la salute fisica e avere maggiore capacità di resistenza agli sforzi». Dal punto di vista della riabilitazione, conclude, «è fondamentale affidarsi a professionisti qualificati e iscritti regolarmente all’albo dei fisioterapisti. I rischi che si corrono, mettendosi nelle mani di persone non adeguatamente preparate, sono grandi».