Storie del territorio | 03 gennaio 2020, 17:06

Il filobus che unisce e divide

Il filobus che unisce e divide

Il 2019 è stato l’anno della svolta. Dopo l’inizio dell’iter negli anni ’90 e un primo abbozzo di lavori a fine 2016, la filovia è diventata una presenza reale per veronesi. Reale come i cantieri di via Dolomiti, prima miccia del dissenso fra commercianti e residenti, insorti quando hanno iniziato a discutere delle conseguenze pratiche del passaggio del filobus. Una riorganizzazione di traffico, parcheggi e alberi che ha scontentato molti. Quest’anno, dopo San Michele, sono iniziati i lavori alla rotonda di Borgo Santa Croce (dove si dovrebbero concludere entro fine anno), allo Stadio (orizzonte temporale febbraio 2020) e a Borgo Roma, con i cantieri di via Giuliari e via Comacchio da chiudere entro questo mese.

Fino a oggi Opera, più che unire i quartieri, ha diviso la città. È diventata evidente una frattura fra istituzioni e cittadini, che hanno faticato a dialogare, capirsi, trovare un punto d’incontro. Sono nati comitati spontanei contro il filobus, mentre il tema veniva affrontato anche da associazioni come Legambiente e Fiab. Alcuni si sono concentrati sugli aspetti economici, altri su quelli ambientali o viabilistici, e non sono mancate occasioni per attacchi politici. La critica trasversale è sulla mancanza di trasparenza e informazioni da parte di Amt e amministrazione, che ha lasciato fra i cittadini una ferita che tarda a rimarginarsi.

«Abbiamo iniziato un po’ in sordina – ammette il presidente di Amt Francesco Barini – memori di ciò che era successo un paio di anni fa, quando Tosi aveva inaugurato i lavori ed erano stati subito sospesi per la poca produttività dell’amministrazione». Quindi il via ai lavori senza annunci o inaugurazioni, questione non digerita dai cittadini. «L’informazione all’inizio è stata zero» è il rammarico di Marco Bonazzi del “Comitato spontaneo cittadini no filobus”, titolare di un’attività commerciale in Borgo Venezia. «Ci siamo organizzati fra residenti e commercianti, e abbiamo iniziato a cercare informazioni e fare rete con gli altri gruppi che stavano nascendo, tentando di informare i cittadini. Abbiamo cominciato da un volantino distribuito in Borgo Venezia e Borgo Trento». Amt ha poi tentato di ricucire lo strappo con incontri nei quartieri e pubblicando sul sito operafiloviaverona.it documenti, mappe e informazioni sullo stato dei cantieri.

Chiuso il 2019, Barini fissa gli obiettivi per il 2020. «Innanzitutto continuare secondo i piani, tentando di rendere i cantieri più veloci e meno impattanti possibile. Dobbiamo iniziare i lavori per il completamento della circonvallazione esterna in corrispondenza di via Città di Nimes. È un’opera collaterale che Verona attende da Italia ’90. Infine, conquistare da Roma l’ok alle varianti per via Pisano-viale Spolverini e via San Paolo, evitando la galleria pedonale». Ben diverse le attese di Bonazzi e dei “no filobus”: «Speriamo che Amt e amministrazione abbandonino il progetto. Vorremmo più trasparenza sui contratti e che si considerino tutte le possibili azioni legali da parte della città. Chiediamo una seria valutazione delle penali in caso di stop: preferiamo trattare e pagare, piuttosto di essere costretti a realizzare l’opera». Costretti. Anche Barini sottolinea come sia un progetto ereditato, con fase esecutiva già avviata: «Non potevamo tornare indietro né fare modifiche radicali». I cittadini lo vedono calato dall’alto. È davvero utile, allora, il filobus a Verona? Secondo il presidente di Amt «non risolverà da solo la questione della viabilità, ma sarà il cuore del sistema circolatorio di Verona». Qualcuno, però, spera in un trapianto di quel cuore, per il bene del paziente.

 

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