Storie del territorio | 11 marzo 2020, 11:39

Maurizio, il pittore delle contrade

Maurizio, il pittore delle contrade

Lui ci è riuscito, pur attraversando scelte difficili, a tratti estreme, per alcuni inconcepibili; ma che gli hanno consentito di ricongiungersi con la parte più profonda di se stesso, e di ritrovare, così, forse, un po’ di pace. Sin da bambino Maurizio, nato in Francia da genitori veronesi emigrati nelle Ardenne nei primi decenni del ‘900, e rientrati in Italia solo 6 anni dopo la sua nascita, sente l’urgenza di entrare “dentro” la realtà e di darne una sua rappresentazione attraverso colori, forme e dimensioni. A otto anni inizia così a dipingere e a dieci vende i suoi primi quadri ad alcune amiche di sua madre. È sempre a casa sua che fa un incontro fondamentale: il dentista di famiglia, che li visita di tanto in tanto, ama dipingere e un giorno mostra a Maurizio un suo dipinto che ritrae dei tulipani. Il piccolo ne rimane estasiato, e rimane ancor più colpito quando scopre dai racconti del signore, ormai piuttosto anziano, che quest’ultimo si recava addirittura in Svizzera a comprare il materiale per dipingere e che qui si fermava anche per seguire dei corsi di pittura.

Maurizio è entusiasta e già fremente, ma ancora inesperto, quando si ritrova tra le mani la cassetta dei colori ricevuta in dono dal dentista-artista, un grande tesoro che non riesce ancora a dare frutti ma che lo conduce verso un periodo importante della sua vita. Inizia, infatti, per il giovane aspirante pittore, un lungo periodo di riflessione, di incontri importanti e di sperimentazioni, soprattutto attraverso opere grafiche, con le quali vince una serie importante di concorsi.

FALEMAGNE E PITTORE INSIEME

Dopo la grafica, Maurizio sente di potersi dedicare completamente alla pittura, passione che coltiva continuando a lavorare come falegname, prima come dipendente e poi come libero professionista. Nel frattempo frequenta altri maestri artisti dai quali cerca di imparare tutto ciò che è possibile. Sono anni difficili, quelli, per lui, che si sente imprigionato in una vita che non gli corrisponde e destinato ad una professione che non lo realizza. Sono lunghi giorni in cui l’artista e l’uomo sono divisi: da una parte c’è il desiderio di dare sfogo alle proprie ispirazioni artistiche, di creare, di dare forma al proprio immaginario che irrompe ovunque, dall’altra gli obblighi, le regole e le convenzioni sociali, il non sentirsi capito e accettato. Un giorno, Maurizio, dopo aver abbandonato il lavoro per dedicarsi alla sua passione, vede finire il proprio matrimonio, e si ritrova per strada a Negrar, solo e senza casa. Sembra il momento più basso della sua vita. Eppure, sempre in quel giorno, accade qualcosa di decisivo. Maurizio prende il suo cavalletto, lo posiziona e dipinge la piazza del mercato del paese. Saranno quel momento e quel giorno a fare da spartiacque tra la prima e la seconda parte della sua vita, determinando la transizione tra l’uomo e l’artista, che diventeranno improvvisamente un'unica entità e daranno vita ad una persona nuova. Moris prenderà così definitivamente il posto di Maurizio. 

LA CASA MOBILE DELL’ARTISTA

Da quel momento in poi tutta la sua vita si concentrerà esclusivamente sulla pittura che, oltre alle sue giornate, occuperà quasi per intero anche la sua macchina, diventata ormai la sua unica casa. Sul suo sedile Moris mangia e dorme: tutto il resto dell'auto è occupato dai materiali dell'artista. Dopo i primi tempi passati a Negrar, il freddo lo costringe a spostarsi verso temperature più miti e si trasferisce prima a Bardolino e poi a Lazise. Qui dipinge “en plein air”, come gli impressionisti francesi di fine ‘800, vende quadri ai turisti e lì, per strada, conosce qualche privato per il quale fa delle opere su commissione. Verso la metà degli anni Duemila il castello di Lazise si apre per ospitate una sua mostra personale nella quale espone 60 dei suoi quadri. In seguito a questo evento, Moris si ritrova talmente oberato di richieste che ad un certo punto si ritrova costretto a fuggire nel bosco per riprendere fiato ed ispirazione.

DALLE ARDENNE ALLA LESSINIA

Nel 2008 decide di abbandonare il lago per iniziare il suo primo tour nei luoghi in cui è nato e di dedicare al padre questo suo viaggio artistico. Si reca nelle Ardenne, seguendo il programma che si è meticolosamente preparato, e dipinge. Si ferma dove si sente ispirato, e resta lì, per alcuni giorni, finché il pennello non decide di fermarsi. Mangia solo a colazione e a cena, quello che trova nel piccolo frigorifero infilato ordinatamente in macchina. Ma del cibo, ovviamente, non gli importa poi molto, perché “più si è vuoti” dice Moris “più la mente è libera”. La sera, poi, si corica sul suo sedile, e il mattino il ritorno della luce lo riporta a desiderare di lavorare sui colori e di ricrearli sulla tela. Il tour nelle Ardenne si è concluso con una mostra dei suoi quadri nella chiesa di Charleville, suo paese natale, e le vendite sono andate talmente bene che ha potuto lasciare la macchina per acquistare il furgone che è la sua casa ancora oggi. A questo primo tour ne sono poi seguiti altri, tra cui quello della Mose Argonne, quello della Senna e della Dordogna. Nel 2017 ha girato e dipinto in Valpolicella e nel 2019 ha fatto un mini-tour in Lessinia durante il quale ha immortalato le zone dei Faggioli, Michelazzi, Ronconi e Fosse.

È un uomo che non si è arreso, Moris, e che sa raccontare quanta forza possono avere i sogni. Tutto ciò che chiede è di continuare a dipingere e di poter vendere le sue opere per permettersi di ricomprare il materiale che serve per dipingerne altre. Perché la vera disperazione lo coglie solamente quando non può farlo; Moris è colto dal panico in quei momenti in cui l'ispirazione è sopraffatta dalla stanchezza, e l'anima dell'artista è un po' troppo provata. La sua pace sta solo in quei momenti sospesi nel tempo e nello spazio in cui reale e spirituale si confondono e danno vita alla creazione di una nuova bellezza. Buon viaggio, Moris. Che il tuo sogno continui ad illuminarti la strada.