Storie del territorio | 15 novembre 2013, 11:29

Mio fratello? Un uomo con un profondo senso dello Stato

Successo straordinario per la visita a Verona della sorella dell’ex

giudice Giovanni Falcone barbaramente ucciso dalla mafia nel 1992. Maria

Falcone ha suggellato il Progetto di Educazione alla Legalità promosso da Rete Prospettiva

Famiglia in collaborazione col Comune di Verona, che ha coinvolto per un anno

oltre 30 scuole della provincia.

«Gli uomini passano, le idee

restano. Restano le loro tensioni morali e continuano a camminare sulle gambe

di altri uomini». È forse questa la frase pronunciata da Giovanni Falcone, e

riportata dalla sorella Maria in occasione dell’incontro avvenuto il 22 ottobre

scorso nello stracolmo Auditorium della Gran Guardia, che riassume il concetto

più alto del Progetto di Educazione alla Legalità promosso dalla Scuola per

genitori di Prospettiva Famiglia.

«Un testamento morale» come ha

spiegato Maria Falcone davanti a un’attenta e silenziosa rappresentanza di

oltre 700 studenti delle trenta scuole elementari, medie e superiori

appartenenti alla Rete presieduta da Alberto Tosi, che viene testimoniato ogni

volta alle nuove generazioni per cercare di infondere in loro quel senso di

giustizia che era parte fondante della vita pubblica e privata del giudice

Giovanni Falcone.

«Giovanni avrebbe voluto essere

ricordato come un uomo che ha creduto in determinati valori tra cui il senso

dello Stato» ha confidato la dott.ssa Falcone «Mio fratello era un uomo con un

profondissimo senso del dovere e ha scelto con grande coraggio e altrettanta

consapevolezza di proseguire fino in fondo nella lotta all’illegalità,

rinunciando alla propria vita per un’idea di bene comune».

E proprio la figura dell’ex giudice ucciso nel 1992 insieme

alla moglie Francesca Morvillo e a tre agenti della scorta nel tragico

attentato dinamitardo di Capaci, è stata al centro del lavoro svolto dalle

scuole rappresentate in Gran guardia dagli Istituti Comprensivi

15,16,17,19,20,21, dal Liceo scientifico Copernico, dall’Istituto tecnico

Pasoli e dal Liceo Montanari.

«Un anno di continui contatti con la Fondazione Falcone, di

incontri con i vari Dirigenti scolastici per coordinare le attività, di

verifiche e confronti con insegnanti e studenti per portare a compimento questo

straordinario progetto imperniato sul tema della legalità» ha spiegato la

referente di Prospettiva Famiglia, Daniela Galletta «Ogni plesso, di ogni

ordine e grado, ha imparato a conoscere non solo la figura di Giovanni Falcone,

ma anche le origini dei fenomeni di penetrazione mafiosa che avvengono da anni

anche nel nostro territorio veneto».

«Durante il convegno i ragazzi hanno presentato alla

dott.ssa Falcone i propri elaborati e hanno raccontato le emozioni che hanno

vissuto lungo questo percorso di conoscenza e formazione impreziosito, durante

l’anno, da alcuni momenti conferenziali molto significativi con figure di

spessore quali Don Luigi Ciotti, Adriana Musella, Don Luigi Merola, Pino Masciari,

Pierpaolo Romani e il giudice Giuseppe Ayala» ha concluso la professoressa

Galletta.

La sera prima dell’incontro in Gran Guardia, la dott.ssa

Maria Falcone ha concesso gentilmente un’intervista ai microfoni di Pantheon.

Dott.ssa Falcone, il suo impegno nei confronti dei giovani è

straordinario, quali emozioni o sensazioni prova ogni volta che si trova di

fronte a una nuova platea?

Ho la sensazione bellissima che Giovanni

non sia morto completamente, perché in molti di questi giovani che nel 1992,

quando mio fratello è stato ucciso, non erano ancora nati, riscontro una tale

attenzione, una tale memoria, e un tale ricordo che sono per me davvero

consolanti e premiano tutto il lavoro che si è fatto in questi anni.

Giovanni Falcone ha introdotto per la prima volta il concetto di mafia,

argomento fino a quel momento mai affrontato a livello pubblico o

istituzionale. Aveva chiaro fin da subito come poter contrastare il fenomeno

mafioso e se esso avrebbe mai avuto una fine?

Giovanni ha sempre sostenuto che

la mafia non si può vincere solo con la repressione, anche se è necessaria e

deve essere degna di uno Stato di diritto, ma si sarebbe sconfitta soprattutto

con il cambiamento culturale della società, con la rivoluzione del pensiero che

lui stesso, con il suo esempio,  con i

suoi strumenti, con le sue idee e il suo sacrificio ha iniziato a infondere

nelle persone che sono venute dopo di lui.

Suo fratello era consapevole del destino al quale sarebbe andato

incontro?

Certamente. Lo stesso pentito

Tommaso Buscetta, testimone chiave per definire i contorni del fenomeno mafioso

e di Cosa Nostra, un giorno disse a Giovanni: “Dopo le mie dichiarazioni lei

diventerà una star internazionale, ma il conto con la mafia lo pagherà con la

vita”. Mio fratello prese atto di quella affermazione e proseguì con il suo

lavoro.

Dott.ssa, perché i giovani si innamorano di Giovanni Falcone?

Perché in lui vedono l’eroe

buono, l’eroe positivo, specialmente in un contesto come quello attuale in cui

si sente parlare di tante cose che non vanno. Pensare a Giovanni Falcone e a

Paolo Borsellino sapendo che hanno sacrificato la loro vita per il bene comune

li rende grandi e indimenticabili anche tra i giovanissimi.

Un ricordo di suo fratello da adolescente?

Siamo cresciuti insieme, avevamo

solo tre anni di differenza. Già quand’eravamo scolari, avevo la sensazione che

avesse una marcia in più. Era eccellente a scuola senza studiare molto a casa perché

stava attento in classe. Faceva tutto al massimo delle sue potenzialità, così

nello sport con il canottaggio, l’atletica leggera come nelle materie come la

filosofia o l’italiano. Non c’era materia in cui andasse male.

Con quale spirito ha raccolto il testimone dopo la sua morte?

Ho fatto tutto per amore. Non ho

mai pensato ne avuto la presunzione di raccoglierne il testimone. Il desiderio,

che ho tutt’ora, è che tutto ciò in cui credeva Giovanni Falcone e le persone

che gli erano accanto, come la sottoscritta, non venisse meno o andasse

dimenticato con la sua morte. Il gesto vile dell’attentato non ci poteva

togliere anche la speranza, per questo siamo ancora qui, oggi, a testimoniare

gli insegnamenti che quest’uomo giusto, con grande senso del dovere, ci ha

lasciato.